By Tutto Opera Team
De nuevo agradecer a todos los que nos siguen enviando C.V y material para este proyecto, y aprovechamos la ocasión para informar de que prolongaremos el proyecto como mínimo durante un año.
Este mes hemos elegido a la soprano Tamara Wilson. A continuación presentaremos una pequeña biografía, repertoire, algunas fotos. También incluiremos su página web. Recordar a todos aquellos que deseen enviarnos información para nuestro proyecto Joven Cantante del mes, pueden hacerlo a nuestro email (tuttopera@gmail.com)
Versión en inglés
"Con una voz de penetrante belleza y gran poder" (Houston Chronicle) La soprano Tamara Wilson fue la reciente ganadora del primer premio y el premio especial del público en el 48 º Concurso Francisco Viñas celebrado en el Gran Teatre del Liceu de Barcelona, España.
La Sra. Wilson comenzó la temporada 2010-2011 como Amelia en Un Ballo in Maschera, con la que abrió la temporada en la Opera Nacional de Washington y seguidamente repitió esta heroína verdiana en el Teatro Principal de Maó en Menorca, España. "Una buena soprano Verdiana", la Sra. Wilson recientemente debutó el role de Alice Ford en "Falstaff" con la Ópera Nacional de Washington, hizo su debut en la Canadian Opera Company como Amelia Grimaldi en 'Simon Boccanegra' y debutó en la Ópera de Australia como Aida en la ópera homónima de Verdi. La Sra. Wilson atrajo la atención internacional en la temporada 2007-2008 con su debut en el papel de Amelia en Un Ballo in Maschera en la Houston Grand Opera, en la que recienteminete había finalizado el Houston Grand Opera Studio.
También fue solista en el 2010 en la NEA Opera Honors en la que cantó "Ernani, involami" del “Ernani” de Verdi, en honor a Martina Arroyo. También en esta temporada, la Sra. Wilson volvería a Los Angeles Opera para las actuaciones de "The Turn of the Screw" de Britten en el rol the Miss Jessel, bajo la dirección de James Conlon, un papel que ya cantó la pasada temporada con gran éxito en Houston Grand Opera. Además, haría su debut alemán en la Oper Frankfurt con la ópera de Wagner "Die Feen" en versión concierto, en el role de Ada con Sebastian Weigle a la batuta, que fue grabado por Oehms Classics para su próxima comercialicación.
La Sra. Wilson volvió a la Canadian Opera Company en la primavera de 2010, como Elettra en 'Idomeneo' dirigida por Harry Bicket. Seguidamente, hizo su debut en Los Angeles Opera como la Primera Dama en 'La Flauta Mágica " con la dirección de James Conlon. Otras heroínas de Mozart incluyen Konstanze en “Die Entführung aus dem Serail” en la Houston Grand Opera - "un excelente control de su considerable voz, así como una buena y amplia coloratura" (Houston Chronicle) - y el rol de Contessa de Almaviva en la producción de la Berkshire Opera de “Le nozze di Figaro”.
Recientemente, fue soprano solista para las actuaciones de la “Missa solemnis" de Beethoven con John Nelson y la Orquesta de Cámara de Europa en Lisboa, que está disponible en DVD. También cantó el “Requiem da Messa " de Verdi con Helmuth Rilling en el Festival Bach de Oregon para la apertura de su temporada en su 40º aniversario. Esta temporada, va a cantar el Réquiem de Mozart con Edo de Waart y la Orquesta Sinfónica de Milwaukee, la Sinfonía Nº2 Mendelssohn ("Lobgesang") con la Grant Park Symphony Orchestra, volverá al Festival Bach de Oregón, y realizará una gira por Japón con Helmuth Rilling y la Internationale Bachakademie Stuttgart, con la Sinfonía Nº 9 de Beethoven.
Como miembro de la Houston Grand Opera Studio, realizó roles como la Sacerdotisa de "Aida", la esposa del posadero en “The Cunning Little Vixen”, y la Contessa de Almaviva en "Le Nozze di Figaro “. En junio de 2007, la Sra. Wilson recibió elogios por su interpretación de Fiordiligi en “Così fan tutte” con Aspen Opera Theater. También en la temporada 2006-2007, hizo su debut con el Houston Ballet realizando “Les Noces” de Stravinsky, así como el papel de Bubikopf en una producción de Viktor Ullmann de “Der Kaiser von Atlantis” dirigida por James Conlon. Otras representaciones incluyen la "Petite Messe Solennelle” de Rossini con The Choral Arts Society in Austin, Texas.
La Sra. Wilson ha recibido numerosos premios entre los que se incluyen el Premio George London de la Fundación George London en la que fue aclamada por un "timbre sorprendente particuar" (Opera News) y seguidamente recibe una beca de estudios de la Richard Tucker Music Foundation. Otros premios destacados son el primer premio en la Eleanor McCollum Competition de 2005 para jóvenes cantantes en Houston y finalista en 2004 en el Metropolitan Opera National Council Auditions, entre otros. Además de su representaciones operísticas y concertísticas, la Sra. Wilson es una profesora entusiasta de técnica vocal. La Sra. Wilson recibió su licenciatura en la University of Cincinnati-College Conservatory of Music (CCM).
En temporadas futuras la veremos en la Canadian Opera Company, el Théâtre du Capitole de Toulouse, Ópera de Frankfurt, Opera Nacional de Washington, el Teatro Municipal de Santiago de Chile, el Teatro Real de Madrid, Gran Teatre del Liceu y la Houston Grand Opera.
Tamara Wilson web site
Some post may be translated in Italian, English or German, please requests by email (tuttopera@gmail.com)
19 marzo 2011
16 marzo 2011
TUTTO VERDI: MacBeth (Italiano)
By Tutto Opera Team
IN COSTRUZIONE!!!
Macbeth è un’opera in quattro atti con libretto di Francesco Maria Piave e alcune intervenzioni di Andrea Maffei, basato nella tragedia scritta tra 1605/6 per William Shakespeare. La prima di quest’opera fu nel Teatro della Pergola di Firenze nel 14 marzo di 1847, sotto la direzione del concertino Alamanno Biangi. Verdi rivisto questo spartito per Parigi e fecce la prima in francese nel Teatro Lirico Imperiale nel 24 d’Aprile di 1865. Quest’ultima versione tradotta a l’italiano è quella che si è imposta, e la sua prima fu nel Teatro alla Scala di Milano nel 28 Gennaio di 1874.
Versione in Spagnolo
Il Cast della prima di Florenzia fu:
MacBeth (barítono)………..……………….. Felice Varesi
Lady MacBeth (soprano)…………………. Marianna Barbieri Nini
Banco (bajo)…………………….....………….. Nicola Benedetti
MacDuff (tenor)……………………...………. Angelo Brunacci
L'azione si svolge in Scozia intorno all'anno 1040.
ATTO I: Macbeth e Banquo vagano, dopo aver vinto un esercito di invasori. Appare un gruppo di streghe che fanno profezie enigmatiche, riferendosi a Macbeth con titoli imprevisti, tra cui il Re di Scozia e a Banquo come "padre dei re." Le Streghe scompaiono e arrivano messaggeri di Duncan, che dicono a Macbeth che è stato nominato con il titolo e con i diritti di Lord Cawdor, come le strege avevano predetto in una delle sue profezie. I due uomini riflettono su quello che è successo: “Due vaticini compiuti”
Nel castello di Macbeth, Lady Macbeth sta leggendo una lettera del marito in cui egli narra l'episodio delle streghe. Quindi lei pensa che per soddisfare la più importante delle profezie, è necessario uccidere Duncan, e spera che il marito non resista a questa idea: "Vieni, t'afretta". Un servo annuncia l'imminente arrivo del re e Lady Macbeth decide di ucciderlo quella stessa notte: "O tutti" Sorgete, Ministri infernali ". Macbeth arriva e accetta senza discussione la proposta della moglie.
Entrano in scena il re e il suo seguito e, dopo il ricevimento, Duncan si ritira in camera. Macbeth, da solo, canta: "Il mio s'afaccia uno pugnal?”. Scompare disposto a commettere il magnicidio, esce poco dopo, terrorizzato da ciò che ha fatto, con le mani di sangue. Ha gettato il coltello e vuole macchiare con il sangue del re a i compagni, ma non può farlo Lady Macbeth e che si prende cura di esso.
Bussano alla porta. Banco e Macduff sono qui per accompagnare nel viaggio a Duncan. Macduff entra nella stanza del re, mentre Banquo pensa le miserie e portenti della notte. MacDuff ha scoperto il delitto e sveglia tutto il castello, che appare in scena e mostra l’orrore per una morte terribile.
ATTO II: Macbeth e sua moglie sono soli nel castello. E vogliono dare la colpa della morte di Duncan a suo figlio, Malcolm, che è fuggitio in Inghilterra dopo l'assassinio di suo padre. Anche convinti che per garantire la successione del Macbeth dovono cercare di prevenire la realizzazione della profezia delle streghe su Banquo, e di uccidere anche lui, e farlo quella notte. Esce Macbeth e sua moglie espressa la sua forte ambizione: "La luce langue".
Nel parco, una certa distanza dal castello, assassini al servicio di MacBeth sono in attesa dell'arrivo di Banquo e suo figlio ("Il sol Sparve"). Si nascondono, allora arrivano Banquo e Fleance suo figlio, e commentano le tenebre e il buio della notte. Quando riprendono la loro marcia verso il castello, emergono dal buio gli assassini, Banquo è ferito a morte, ma il figlio scaccia degli aggressori.
Nella grande sala del castello, si fa un banchetto. Macbeth e sua moglie ricevono a gli ospiti. Lady Macbeth canta un brindisi. Uno degli assassini al servizio del Macbeth entra in scena e informa a i suoi padroni che Banquo è morto ma che è scappato Fleance. MacBeth espressa a tutti la tristezza che la morte di Banquo provoca in lui e va alla sua sedia vuota, ma poi, pieno di orrore, vede il fantasma del assassinato. Gli ospiti - che, ovviamente, non vedono il fantasma - sono sorpresi e preoccupati per il terrore che pervade Macbeth, a cui la moglie cerca di calmare e per rassicurare il pubblico, torna a offrire un brindisi. Ancora una volta il terrore strappa Macbeth, che ancora vede il fantasma e ora, la realtà è esposta, e gli ospiti, sentendo il senso di colpa di Macbeth, vengono rimossi.
IN COSTRUZIONE!!!
Macbeth è un’opera in quattro atti con libretto di Francesco Maria Piave e alcune intervenzioni di Andrea Maffei, basato nella tragedia scritta tra 1605/6 per William Shakespeare. La prima di quest’opera fu nel Teatro della Pergola di Firenze nel 14 marzo di 1847, sotto la direzione del concertino Alamanno Biangi. Verdi rivisto questo spartito per Parigi e fecce la prima in francese nel Teatro Lirico Imperiale nel 24 d’Aprile di 1865. Quest’ultima versione tradotta a l’italiano è quella che si è imposta, e la sua prima fu nel Teatro alla Scala di Milano nel 28 Gennaio di 1874.
Versione in Spagnolo
Il Cast della prima di Florenzia fu:
MacBeth (barítono)………..……………….. Felice Varesi
Lady MacBeth (soprano)…………………. Marianna Barbieri Nini
Banco (bajo)…………………….....………….. Nicola Benedetti
MacDuff (tenor)……………………...………. Angelo Brunacci
L'azione si svolge in Scozia intorno all'anno 1040.
ATTO I: Macbeth e Banquo vagano, dopo aver vinto un esercito di invasori. Appare un gruppo di streghe che fanno profezie enigmatiche, riferendosi a Macbeth con titoli imprevisti, tra cui il Re di Scozia e a Banquo come "padre dei re." Le Streghe scompaiono e arrivano messaggeri di Duncan, che dicono a Macbeth che è stato nominato con il titolo e con i diritti di Lord Cawdor, come le strege avevano predetto in una delle sue profezie. I due uomini riflettono su quello che è successo: “Due vaticini compiuti”
Nel castello di Macbeth, Lady Macbeth sta leggendo una lettera del marito in cui egli narra l'episodio delle streghe. Quindi lei pensa che per soddisfare la più importante delle profezie, è necessario uccidere Duncan, e spera che il marito non resista a questa idea: "Vieni, t'afretta". Un servo annuncia l'imminente arrivo del re e Lady Macbeth decide di ucciderlo quella stessa notte: "O tutti" Sorgete, Ministri infernali ". Macbeth arriva e accetta senza discussione la proposta della moglie.
Entrano in scena il re e il suo seguito e, dopo il ricevimento, Duncan si ritira in camera. Macbeth, da solo, canta: "Il mio s'afaccia uno pugnal?”. Scompare disposto a commettere il magnicidio, esce poco dopo, terrorizzato da ciò che ha fatto, con le mani di sangue. Ha gettato il coltello e vuole macchiare con il sangue del re a i compagni, ma non può farlo Lady Macbeth e che si prende cura di esso.
Bussano alla porta. Banco e Macduff sono qui per accompagnare nel viaggio a Duncan. Macduff entra nella stanza del re, mentre Banquo pensa le miserie e portenti della notte. MacDuff ha scoperto il delitto e sveglia tutto il castello, che appare in scena e mostra l’orrore per una morte terribile.
ATTO II: Macbeth e sua moglie sono soli nel castello. E vogliono dare la colpa della morte di Duncan a suo figlio, Malcolm, che è fuggitio in Inghilterra dopo l'assassinio di suo padre. Anche convinti che per garantire la successione del Macbeth dovono cercare di prevenire la realizzazione della profezia delle streghe su Banquo, e di uccidere anche lui, e farlo quella notte. Esce Macbeth e sua moglie espressa la sua forte ambizione: "La luce langue".
Nel parco, una certa distanza dal castello, assassini al servicio di MacBeth sono in attesa dell'arrivo di Banquo e suo figlio ("Il sol Sparve"). Si nascondono, allora arrivano Banquo e Fleance suo figlio, e commentano le tenebre e il buio della notte. Quando riprendono la loro marcia verso il castello, emergono dal buio gli assassini, Banquo è ferito a morte, ma il figlio scaccia degli aggressori.
Nella grande sala del castello, si fa un banchetto. Macbeth e sua moglie ricevono a gli ospiti. Lady Macbeth canta un brindisi. Uno degli assassini al servizio del Macbeth entra in scena e informa a i suoi padroni che Banquo è morto ma che è scappato Fleance. MacBeth espressa a tutti la tristezza che la morte di Banquo provoca in lui e va alla sua sedia vuota, ma poi, pieno di orrore, vede il fantasma del assassinato. Gli ospiti - che, ovviamente, non vedono il fantasma - sono sorpresi e preoccupati per il terrore che pervade Macbeth, a cui la moglie cerca di calmare e per rassicurare il pubblico, torna a offrire un brindisi. Ancora una volta il terrore strappa Macbeth, che ancora vede il fantasma e ora, la realtà è esposta, e gli ospiti, sentendo il senso di colpa di Macbeth, vengono rimossi.
11 marzo 2011
MARCH 2011: TAMARA WILSON
By Tutto Opera Team
“With a voice of steely beauty and great power,” (Houston Chronicle) soprano Tamara Wilson was recently the grand prize winner of the 48th Annual Francisco Viñas Competition held at the Gran Teatre del Liceu in Barcelona, Spain.
Ms. Wilson began the 2010 – 2011 season as Amelia in 'Un ballo in maschera' to open the season at Washington National Opera and will repeat performances of this Verdi heroine at Teatre Principal de Maó in Menorca, Spain. “A bona fide Verdi soprano,” Ms. Wilson recently sang Alice Ford in 'Falstaff' for her debut with Washington National Opera, made her Canadian Opera Company debut as Amelia Grimaldi in 'Simon Boccanegra' and debuted at Opera Australia as Aida. Ms. Wilson gained international attention in the 2007 – 2008 season for her role debut as Amelia in 'Un ballo in maschera' at Houston Grand Opera, having just finished as a member of the Houston Grand Opera Studio. She was also a featured soloist at the 2010 NEA Opera Honors in which she sang “Ernani, involami” from Verdi’s 'Ernani' to honor recipient Martina Arroyo.
Also this season, Ms. Wilson will return to the Los Angeles Opera for performances of Miss Jessel in Britten’s 'The Turn of the Screw' under James Conlon, a role she sang last season to great acclaim at Houston Grand Opera. In addition, she will make her German debut at Oper Frankfurt in concert performances of Wagner’s early opera 'Die Feen' as Ada under Sebastian Weigle, which will be recorded by Oehms Classics for commercial release.
Ms. Wilson returned to the Canadian Opera Company in the spring of 2010 as Elettra in 'Idomeneo' conducted by Harry Bicket. She made her Los Angeles Opera debut as the First Lady in 'Die Zauberflöte' with James Conlon conducting. Other Mozart heroines include Konstanze in 'Die Entführung aus dem Serail' at Houston Grand Opera showing “excellent control of her considerable power as well as good coloratura and range” (Houston Chronicle) and the Countess Almaviva in Berkshire Opera’s production of 'Le nozze di Figaro'.
Recently, she was soprano soloist for performances of Beethoven’s 'Missa solemnis' with John Nelson and the Chamber Orchestra of Europe in Lisbon, which is available on DVD and was heard in Verdi’s 'Messa da requiem' with Helmuth Rilling at the Oregon Bach Festival for the opening of their 40th Anniversary season. This season, she will sing Mozart’s Requiem with Edo de Waart and the Milwaukee Symphony, Mendelssohn’s Symphony No. 2 (“Lobgesang”) with the Grant Park Symphony Orchestra, return to the Oregon Bach Festival, and tour Japan with Helmuth Rilling and Internationale Bachakademie Stuttgart in Beethoven’s Symphony No. 9. Future seasons will see her at the Canadian Opera Company, Théâtre du Capitole in Toulouse, Oper Frankfurt, Washington National Opera, Teatro Municipal de Santiago in Chile, Teatro Real de Madrid, Gran Teatre del Liceu and Houston Grand Opera.
As a member of the Houston Grand Opera Studio, she was previously seen as the High Priestess in 'Aida', the Innkeeper’s Wife in 'The Cunning Little Vixen', and the Countess Almaviva in 'Le nozze di Figaro'. In June 2007, Ms. Wilson received acclaim for her performance of Fiordiligi in 'Così fan tutte' with Aspen Opera Theater. Also in the 2006 – 2007 season, she made her debut with the Houston Ballet performing Stravinsky’s 'Les Noces', as well as the role of Bubikopf in a production of Viktor Ullmann's 'Der Kaiser von Atlantis' conducted by James Conlon. Other appearances include Rossini’s 'Petite messe solennelle' with the Choral Arts Society in Austin, Texas.
Ms. Wilson’s awards include the George London Award from the George London Foundation in which she was hailed for a “striking timbre all her own” (Opera News) and a study grant from the Richard Tucker Music Foundation. Other notable awards include first place in the 2005 Eleanor McCollum Competition for Young Singers in Houston and finalist in the 2004 Metropolitan Opera National Council Auditions, among others. In addition to her operatic and orchestral performances, Ms. Wilson is an avid lecturer of vocal technique. Ms. Wilson received her degree at the University of Cincinnati-College Conservatory of Music (CCM).
For more information: Tamara Wilson web site
Spanish Version
“With a voice of steely beauty and great power,” (Houston Chronicle) soprano Tamara Wilson was recently the grand prize winner of the 48th Annual Francisco Viñas Competition held at the Gran Teatre del Liceu in Barcelona, Spain.
Ms. Wilson began the 2010 – 2011 season as Amelia in 'Un ballo in maschera' to open the season at Washington National Opera and will repeat performances of this Verdi heroine at Teatre Principal de Maó in Menorca, Spain. “A bona fide Verdi soprano,” Ms. Wilson recently sang Alice Ford in 'Falstaff' for her debut with Washington National Opera, made her Canadian Opera Company debut as Amelia Grimaldi in 'Simon Boccanegra' and debuted at Opera Australia as Aida. Ms. Wilson gained international attention in the 2007 – 2008 season for her role debut as Amelia in 'Un ballo in maschera' at Houston Grand Opera, having just finished as a member of the Houston Grand Opera Studio. She was also a featured soloist at the 2010 NEA Opera Honors in which she sang “Ernani, involami” from Verdi’s 'Ernani' to honor recipient Martina Arroyo.
Also this season, Ms. Wilson will return to the Los Angeles Opera for performances of Miss Jessel in Britten’s 'The Turn of the Screw' under James Conlon, a role she sang last season to great acclaim at Houston Grand Opera. In addition, she will make her German debut at Oper Frankfurt in concert performances of Wagner’s early opera 'Die Feen' as Ada under Sebastian Weigle, which will be recorded by Oehms Classics for commercial release.
Ms. Wilson returned to the Canadian Opera Company in the spring of 2010 as Elettra in 'Idomeneo' conducted by Harry Bicket. She made her Los Angeles Opera debut as the First Lady in 'Die Zauberflöte' with James Conlon conducting. Other Mozart heroines include Konstanze in 'Die Entführung aus dem Serail' at Houston Grand Opera showing “excellent control of her considerable power as well as good coloratura and range” (Houston Chronicle) and the Countess Almaviva in Berkshire Opera’s production of 'Le nozze di Figaro'.
Recently, she was soprano soloist for performances of Beethoven’s 'Missa solemnis' with John Nelson and the Chamber Orchestra of Europe in Lisbon, which is available on DVD and was heard in Verdi’s 'Messa da requiem' with Helmuth Rilling at the Oregon Bach Festival for the opening of their 40th Anniversary season. This season, she will sing Mozart’s Requiem with Edo de Waart and the Milwaukee Symphony, Mendelssohn’s Symphony No. 2 (“Lobgesang”) with the Grant Park Symphony Orchestra, return to the Oregon Bach Festival, and tour Japan with Helmuth Rilling and Internationale Bachakademie Stuttgart in Beethoven’s Symphony No. 9. Future seasons will see her at the Canadian Opera Company, Théâtre du Capitole in Toulouse, Oper Frankfurt, Washington National Opera, Teatro Municipal de Santiago in Chile, Teatro Real de Madrid, Gran Teatre del Liceu and Houston Grand Opera.
As a member of the Houston Grand Opera Studio, she was previously seen as the High Priestess in 'Aida', the Innkeeper’s Wife in 'The Cunning Little Vixen', and the Countess Almaviva in 'Le nozze di Figaro'. In June 2007, Ms. Wilson received acclaim for her performance of Fiordiligi in 'Così fan tutte' with Aspen Opera Theater. Also in the 2006 – 2007 season, she made her debut with the Houston Ballet performing Stravinsky’s 'Les Noces', as well as the role of Bubikopf in a production of Viktor Ullmann's 'Der Kaiser von Atlantis' conducted by James Conlon. Other appearances include Rossini’s 'Petite messe solennelle' with the Choral Arts Society in Austin, Texas.
Ms. Wilson’s awards include the George London Award from the George London Foundation in which she was hailed for a “striking timbre all her own” (Opera News) and a study grant from the Richard Tucker Music Foundation. Other notable awards include first place in the 2005 Eleanor McCollum Competition for Young Singers in Houston and finalist in the 2004 Metropolitan Opera National Council Auditions, among others. In addition to her operatic and orchestral performances, Ms. Wilson is an avid lecturer of vocal technique. Ms. Wilson received her degree at the University of Cincinnati-College Conservatory of Music (CCM).
For more information: Tamara Wilson web site
Spanish Version
04 marzo 2011
FEBRUARY 2011: ALDO HEO
By Tutto Opera Team
Born in Seoul – Korea, where he studied at The Korean National University of Arts, under the tutorship of Hee-Joon Yang. Aldo Heo receipts the Merit Scholarship throughout four years of study and Bachelor of Music in 2005.
He participates in a lot of International Competitions. In 2004 he wins the 1st Prize in four different Competitions in Korea, Sungjeon National Music Competition, Hanseo Music Competition, Youngok Shin Music Competition, KBS Seoul New Artist Music Competition (Gold medal). In 2006 he was a finalist Concurso Manuel Ausensi in Barcelona and the 3rd Prize in Logroño at Concurso Internacional de Canto de Logroño. In 2007 wins a 2nd Prize of the Competition, the best Verdi’s singer and the best Zarzuela’s singer. Also wins the special prize from the public at Concurso Francisco Viñas in Barcelona. In 2008 wins the 1st Prize at Ciudad de LLeida’s Competition. In 2009 wins the 1st Prize in Concurso Internacional de Canto de Logroño. He was invited to take part in the masterclass and the final concert organized with Montserrat Caballé in the frame of the Concurso Internacional de Canto Montserrat Caballé.
In September 2001 he made his stage debut in Le Nozze di Figaro (Conte). From that moment on, he made a turning point which passed by interpreting titles like Così fan tutte (Guilielmo), Il Barbiere di Siviglia (Figaro), L'Elisir D'amore (Belcore), Lucia di Lammermoor (Enrico), Don Pasquale (Malatesta), La Traviata (Germont), Cantata BWV80 – Bach Solo Appearance with KBS Symphony Orchestra (National broadcast), Carmen (Escamillo/Morales), La Bohème (Marcello) in the Teatro Filarmonico di Verona, I Pagliacci (Silvio/Tonio), Cavalleria Rusticana (Alfio). He has made a lot of recitals and concerts around Spain, Central Europe and Korea.
At this moment he is doing the “Curso Perfeccionamiento Plácido Domingo – Palau de les Arts” , recently he debuted the role of Taddeo in L’italiana in Algeri, and then the role of Haly in the same opera with the direction of Mr.Zedda.At this moment he are working in Palau de les Arts in some operas as Manon, Ievgueni Onegin or Tosca.
Spanish Version
For more information: Aldo Heo web site
Born in Seoul – Korea, where he studied at The Korean National University of Arts, under the tutorship of Hee-Joon Yang. Aldo Heo receipts the Merit Scholarship throughout four years of study and Bachelor of Music in 2005.
He participates in a lot of International Competitions. In 2004 he wins the 1st Prize in four different Competitions in Korea, Sungjeon National Music Competition, Hanseo Music Competition, Youngok Shin Music Competition, KBS Seoul New Artist Music Competition (Gold medal). In 2006 he was a finalist Concurso Manuel Ausensi in Barcelona and the 3rd Prize in Logroño at Concurso Internacional de Canto de Logroño. In 2007 wins a 2nd Prize of the Competition, the best Verdi’s singer and the best Zarzuela’s singer. Also wins the special prize from the public at Concurso Francisco Viñas in Barcelona. In 2008 wins the 1st Prize at Ciudad de LLeida’s Competition. In 2009 wins the 1st Prize in Concurso Internacional de Canto de Logroño. He was invited to take part in the masterclass and the final concert organized with Montserrat Caballé in the frame of the Concurso Internacional de Canto Montserrat Caballé.
In September 2001 he made his stage debut in Le Nozze di Figaro (Conte). From that moment on, he made a turning point which passed by interpreting titles like Così fan tutte (Guilielmo), Il Barbiere di Siviglia (Figaro), L'Elisir D'amore (Belcore), Lucia di Lammermoor (Enrico), Don Pasquale (Malatesta), La Traviata (Germont), Cantata BWV80 – Bach Solo Appearance with KBS Symphony Orchestra (National broadcast), Carmen (Escamillo/Morales), La Bohème (Marcello) in the Teatro Filarmonico di Verona, I Pagliacci (Silvio/Tonio), Cavalleria Rusticana (Alfio). He has made a lot of recitals and concerts around Spain, Central Europe and Korea.
At this moment he is doing the “Curso Perfeccionamiento Plácido Domingo – Palau de les Arts” , recently he debuted the role of Taddeo in L’italiana in Algeri, and then the role of Haly in the same opera with the direction of Mr.Zedda.At this moment he are working in Palau de les Arts in some operas as Manon, Ievgueni Onegin or Tosca.
Spanish Version
For more information: Aldo Heo web site
26 febrero 2011
TUTTO VERDI: I Masnadieri
By Tutto Opera Team
I masnadieri (Los bandidos) Melodrama en cuatro partes con libreto de Andrea Maffei, a partir del drama “Die Räuber” (estrenado en Mannheim en 1781) de Friedrich Schiller. La ópera se represento por primera vez el 22 de junio de 1847 en el Her Majesty’s Theatre de Londres (hoy Covent Garden), con dirección musical de Giuseppe Verdi en las tres primeras funciones y luego Michael William Balfe. Los intérpretes de la premier fueron:
Massimiliano (conde de Moor) - bajo - Luigi Lablache
Carlo (hijo de Massimiliano) - tenor - Italo Gardoni
Francesco (hijo de Massimiliano) - barítono - Filippo Coletti
Amalia (sobrina de Massimiliano) - soprano - Jenny Lind
Arminio (chambelán de Massimiliano) - tenor - Leone Corelli
Moser (un sacerdote) - bajo - Lucien Bouché
De todo el reparto destaca Jenny Lind (1820-1887) que fue llamada en su época “el ruiseñor sueco” por su refinada técnica vocal.
La acción tiene lugar en Alemania, a principios del siglo XVIII.
PARTE I: Carlo, hijo mayor de Massimiliano de Moor, se ha revelado en contra de una sociedad que él cree hipócrita y tras una vida disipada durante su época de estudios, se ha hecho bandido. Desearía, no obstante, volver a casa, abrazar a su padre y encontrarse con su amada Amalia. Pero su hermano menor Francesco, le envía una carta falsificada donde Carlo puede leer que su padre reniega de él y le niega para siempre su perdón. Desesperado, Carlo se entrega con más ahínco aún a su vida al margen de la ley.
Francesco, en complicidad con Arminio, va a hacer saber a Massimiliano que Carlo ha muerto, con la pérfida esperanza de que esta fatal noticia haga morir al viejo, dejándole así como único heredero.
En el tercer cuadro, Amelia observa el agitado sueño de Massimiliano y piensa en Carlo de quién continúa enamorada. Aparece Francesco en compañía de un hombre desconocido (es Arminio disfrazado) y este hombre les da la noticia funesta de que Carlo ha muerto combatiendo en Praga y, antes de morir, le ha entregado su espada para que se la haga llegar al padre: sobre el acero está escrita con sangre la última voluntad del fallecido que no es otra que “Amalia habrá de casarse con Francesco”. Ante esto, Amalia se desespera y Massimiliano se derrumba.
PARTE II: Como nuevo dueño, Francesco celebra una ruidosa fiesta mientras Amalia se dirige al cementerio donde está enterrado Massimiliano. Aquí se la encuentra Arminio que, en sus remordimientos, la informa de que Carlo vive y Massimiliano tampoco está muerto, como todos creen. Amelia se siente inmensamente feliz pero esta dicha dura poco pues Francesco aparece, decidido a casarse con la joven, aunque sea en contra de su voluntad. Amalia se defiende llegando a quitarle la espada y amenazarlo con ella.
En un bosque cercano a Praga, en el campamento de los bandidos, aparece Carlo que ha liberado a uno de los suyos que estaba a punto de morir en la horca. Los bandidos celebran la heroicidad de su jefe pero este se muestra cansado de su vida delictiva. Unos compañeros anuncian que el campamento se halla completamente rodeado de soldados. Esto reanima a Carlo que parte rápido a combatir a la cabeza de sus huestes.
PARTE III: Amalia que se había alejado del castillo, se encuentra con Carlo. La pareja se abraza mostrando la inmensa felicidad que sienten. Enterado Carlo de las acciones de su hermano, está dispuesto a vengarse de inmediato.
Es de noche y los bandidos reposan en un paraje desierto donde se levantan las ruinas de una fortaleza. Carlo piensa en su amada y en la vida que está llevando que cada día le aleja más de ella. Quisiera morir pero ha de seguir viviendo para soportar las culpas que merecen sus fechorías.
Sigilosamente aparece Arminio con comida y bebida para Massimiliano que está oculto y encerrado en las ruinas del lugar. Al verse descubierto, Arminio huye y es el propio Carlo el que se acerca al viejo. Carlo reconoce en el viejo a su padre pero éste no reconoce a su hijo. Y así le cuenta la historia de sus desdichas: fue dado por muerto y cuando le llevaban a enterrar, se dieron cuenta de que aún estaba con vida; por eso fue recluido en esas ruinas y ha sobrevivido gracias a la ayuda de Arminio. Después de contar su historia, Massimiliano se desmaya. Carlo grita venganza, convoca a sus bandidos y les pide ayuda para hacer justicia: todos le juran fidelidad mientras se alejan en tumulto.
PARTE IV: Francesco ha sido objeto de terribles y amenazadoras visiones. Pide consuelo ante el pastor Moser que se niega a absolverlo de sus pecados. Francesco interrumpe sus plegarias ante la llegada al castillo de una amenazante multitud de gente.
Carlo se halla junto a Massimiliano que todavía no le ha reconocido. Aparecen algunos bandidos con la noticia de que no han podido apoderarse de Francesco porque ha huido. Otros traen prisionera a Amalia. Ésta al ver a Carlo, se arroja en sus brazos pero es rechazada con violencia: Carlo es un bandido y le es imposible amarla. Por eso y ante sus asombrados compañeros, Carlo apuñala a Amalia y se aleja para entregarse a la justicia. Massimiliano invoca la muerte.
Libreto: Italiano-Castellano
Partitura: PDF-Vocal Score
I MASNADIERI (Los bandidos)
El estreno en Londres de esta obra supuso para Verdi un importante salto cualitativo. Era ya el compositor más famoso en su país natal pero nunca había estrenado en el extranjero. Así lo cuenta un orgulloso Muzio (su secretario y criado para todo) en carta a su protector Barezzi: “Nunca jamás un compositor ha hecho una ópera nueva para Londres: ni Rossini, ni Donizetti, ni Bellini. Este honor estaba reservado al Maestro”. Y era verdad pues tan sólo Weber con su Oberón y por supuesto Haendel (casi inglés por sus años de residencia), consiguieron estrenar en aquella plaza. El público se preguntaba como sería la nueva ópera compuesta por “ese” italiano del que tanto se hablaba y se decía de su buen hacer musical. El lugar escogido fue el “Her Majesty’s Theatre”, el actual “Covent Garden”. Por aquel entonces era uno de los mas grandes, restaurado tan sólo un año antes para poder albergar entre 2.500/3.000 espectadores y rivalizando en grandeza con La Scala. Un maravilloso interior en madera, un techo ligeramente volteado junto con sus cinco plantas con palcos en forma decreciente y un palco escénico extraordinariamente grande, permitían además de ópera, representar grandes producciones de ballet. Sin olvidar su maravillosa acústica que obligó al compositor a revisar su partitura suprimiendo o incluyendo algunos acompañamientos para que resaltara mejor su obra.
Además poseía una orquesta formada por grandes profesores que provenían de las mejores formaciones musicales de aquella época (París, Milán, Turín, Roma, San Petersburgo, Viena, etc.). Dentro de la orquesta existía un colega- Alfredo Piatti (colaborador de Mendelssohn y Listz)- que había estudiado en Milán, justo cuando Verdi vivía también allí en su época de formación. Verdi pensó en este violonchelista y escribió en la segunda parte de la Obertura un aterciopelado “obligato” en re menor de ese instrumento (una de las páginas mas hermosas de la ópera) que contrasta, por su carácter más romántico, con la primera parte (más elegiaca y trágica), al estilo de Attila y Macbeth.
Respecto a los cantantes, hay que decir que Verdi estaba ligado a lo que por entonces era práctica habitual: casi todos los compositores escribían su música para recreación máxima de los cantantes que la interpretaban. En las partes solistas de I Masnadieri la música se basa en la habilidad de los cantantes. Por eso el elenco debe tener muy buenas facultades para alternar momentos dramáticos, líricos y de coloratura. Y también por eso Verdi hubo de pensar previamente en los cantantes que quería para su ópera.
No hubo mayores problemas con el tenor a pesar de que Verdi tuvo que ceder en favor de Italo Gardoni frente a Gaetano Fraschini que era el que realmente quería. Al barítono Filippo Coletti- el Gusmano de Alzira- lo tuvo claro desde el primer momento. La incorporación de Luigi Lablache, una de los mejores bajos de entonces, fue muy bien recibida. La dificultad se concentró en “la prima donna”: Verdi propuso a la Barbieri-Nini y a Catarina Halles. Como no pudieron ser, hubo sus más y sus menos. El empresario Lumley se comprometió finalmente a intentarlo con Jenny Lind y esto calmó los ánimos de Verdi. La conocida cantante ya había debutado en grandes papeles como Roberto el diablo, Norma, La Sonnambula o Lucia. Tuvo una crisis vocal que solucionó el tenor Manuel García y en aquellos momentos se había retirado para hacer exclusivamente recitales. Según las crónicas tenía una excelente voz de soprano ligera pero con las características de una gran soprano con tintes dramáticos.
Hasta tal punto fue el interés de Verdi en la Lind que, de camino a Inglaterra, se quedó en París y mandó a su querido Muzio a Londres para acabar de resolver el tema, avisando al empresario que como no la consiguieran, no habría ópera. Sí que es verdad que en París estaba la Strepponi y que él tenía poca prisa por cumplir el contrato londinense. Por estas fechas, la pareja mantuvo una continuada relación en la ciudad luz que se prolongó durante casi dos años: fue determinante para tomar la decisión de vivir juntos diez años más, primero en Busseto y luego en Sant’Agata para finalmente casarse (28 de agosto de 1859) poco antes de que Verdi fuera nombrado diputado. Para que se estrenara la ópera, al final se resolvió todo satisfactoriamente y sólo entonces Verdi cruzó el canal de la Mancha para preparar el estreno que él mismo dirigió. Como dato curioso, Muzio describió a Jenny Lind (la soprano protagonista) como “una música perfecta, profunda, una persona buena, amable, llena de educación pero de una gran fealdad con su nariz enorme, su rostro nórdico, sus manos gruesas y sus pies grandes”.
Sobre el libreto, hay que decir primero que para Londres estuvo a punto de ser Il Corsaro en vez de I Masnadieri. Como decisión de última hora, a Verdi le pareció más interesante la segunda y por eso la acabó antes. La obra literaria en que se basa el argumento es de un Schiller temprano (22 años) que todavía no es dueño de su talento. Andrea Maffei, encargado de transformar el texto original en libreto, no era el más idóneo para pulir defectos, obviar debilidades o quitar al tema algunas situaciones que rozan el absurdo.
El día del estreno (22 de julio de 1847) parece que hacía muchísimo calor. La fecha, que coincidía con la sesión de clausura del parlamento, había sido fijada por la reina. La multitud de espectadores comenzó a agolparse a las puertas del teatro al comenzar la tarde, atraída por la anunciada presencia de la soberana y por la de Verdi que había, por fin, prometido a la reina que dirigiría las tres primeras funciones. A las cuatro de la tarde la sala estaba colmada y el público se había disputado a precio de oro las butacas no reservadas. Asistieron además de la reina Victoria, el príncipe consorte, Luis Napoleón y el Duque de Wellington. Según Muzio: “Desde la obertura hasta el último final, todo fue aplausos, llamadas a escena y pedidos de bises”. Una exitosa velada por parte del público pero no de la crítica. Abrumado con tantos honores, Verdi desapareció de allí al cuarto día del estreno para encontrarse con su Giuseppina. Esta ópera llegó a Italia el mismo año del estreno, cantándose en Bérgamo, Trieste y Verona. Luego cayó pronto en el olvido.
I masnadieri (Los bandidos) Melodrama en cuatro partes con libreto de Andrea Maffei, a partir del drama “Die Räuber” (estrenado en Mannheim en 1781) de Friedrich Schiller. La ópera se represento por primera vez el 22 de junio de 1847 en el Her Majesty’s Theatre de Londres (hoy Covent Garden), con dirección musical de Giuseppe Verdi en las tres primeras funciones y luego Michael William Balfe. Los intérpretes de la premier fueron:
Massimiliano (conde de Moor) - bajo - Luigi Lablache
Carlo (hijo de Massimiliano) - tenor - Italo Gardoni
Francesco (hijo de Massimiliano) - barítono - Filippo Coletti
Amalia (sobrina de Massimiliano) - soprano - Jenny Lind
Arminio (chambelán de Massimiliano) - tenor - Leone Corelli
Moser (un sacerdote) - bajo - Lucien Bouché
De todo el reparto destaca Jenny Lind (1820-1887) que fue llamada en su época “el ruiseñor sueco” por su refinada técnica vocal.
La acción tiene lugar en Alemania, a principios del siglo XVIII.
PARTE I: Carlo, hijo mayor de Massimiliano de Moor, se ha revelado en contra de una sociedad que él cree hipócrita y tras una vida disipada durante su época de estudios, se ha hecho bandido. Desearía, no obstante, volver a casa, abrazar a su padre y encontrarse con su amada Amalia. Pero su hermano menor Francesco, le envía una carta falsificada donde Carlo puede leer que su padre reniega de él y le niega para siempre su perdón. Desesperado, Carlo se entrega con más ahínco aún a su vida al margen de la ley.
Francesco, en complicidad con Arminio, va a hacer saber a Massimiliano que Carlo ha muerto, con la pérfida esperanza de que esta fatal noticia haga morir al viejo, dejándole así como único heredero.
En el tercer cuadro, Amelia observa el agitado sueño de Massimiliano y piensa en Carlo de quién continúa enamorada. Aparece Francesco en compañía de un hombre desconocido (es Arminio disfrazado) y este hombre les da la noticia funesta de que Carlo ha muerto combatiendo en Praga y, antes de morir, le ha entregado su espada para que se la haga llegar al padre: sobre el acero está escrita con sangre la última voluntad del fallecido que no es otra que “Amalia habrá de casarse con Francesco”. Ante esto, Amalia se desespera y Massimiliano se derrumba.
PARTE II: Como nuevo dueño, Francesco celebra una ruidosa fiesta mientras Amalia se dirige al cementerio donde está enterrado Massimiliano. Aquí se la encuentra Arminio que, en sus remordimientos, la informa de que Carlo vive y Massimiliano tampoco está muerto, como todos creen. Amelia se siente inmensamente feliz pero esta dicha dura poco pues Francesco aparece, decidido a casarse con la joven, aunque sea en contra de su voluntad. Amalia se defiende llegando a quitarle la espada y amenazarlo con ella.
En un bosque cercano a Praga, en el campamento de los bandidos, aparece Carlo que ha liberado a uno de los suyos que estaba a punto de morir en la horca. Los bandidos celebran la heroicidad de su jefe pero este se muestra cansado de su vida delictiva. Unos compañeros anuncian que el campamento se halla completamente rodeado de soldados. Esto reanima a Carlo que parte rápido a combatir a la cabeza de sus huestes.
PARTE III: Amalia que se había alejado del castillo, se encuentra con Carlo. La pareja se abraza mostrando la inmensa felicidad que sienten. Enterado Carlo de las acciones de su hermano, está dispuesto a vengarse de inmediato.
Es de noche y los bandidos reposan en un paraje desierto donde se levantan las ruinas de una fortaleza. Carlo piensa en su amada y en la vida que está llevando que cada día le aleja más de ella. Quisiera morir pero ha de seguir viviendo para soportar las culpas que merecen sus fechorías.
Sigilosamente aparece Arminio con comida y bebida para Massimiliano que está oculto y encerrado en las ruinas del lugar. Al verse descubierto, Arminio huye y es el propio Carlo el que se acerca al viejo. Carlo reconoce en el viejo a su padre pero éste no reconoce a su hijo. Y así le cuenta la historia de sus desdichas: fue dado por muerto y cuando le llevaban a enterrar, se dieron cuenta de que aún estaba con vida; por eso fue recluido en esas ruinas y ha sobrevivido gracias a la ayuda de Arminio. Después de contar su historia, Massimiliano se desmaya. Carlo grita venganza, convoca a sus bandidos y les pide ayuda para hacer justicia: todos le juran fidelidad mientras se alejan en tumulto.
PARTE IV: Francesco ha sido objeto de terribles y amenazadoras visiones. Pide consuelo ante el pastor Moser que se niega a absolverlo de sus pecados. Francesco interrumpe sus plegarias ante la llegada al castillo de una amenazante multitud de gente.
Carlo se halla junto a Massimiliano que todavía no le ha reconocido. Aparecen algunos bandidos con la noticia de que no han podido apoderarse de Francesco porque ha huido. Otros traen prisionera a Amalia. Ésta al ver a Carlo, se arroja en sus brazos pero es rechazada con violencia: Carlo es un bandido y le es imposible amarla. Por eso y ante sus asombrados compañeros, Carlo apuñala a Amalia y se aleja para entregarse a la justicia. Massimiliano invoca la muerte.
Libreto: Italiano-Castellano
Partitura: PDF-Vocal Score
I MASNADIERI (Los bandidos)
El estreno en Londres de esta obra supuso para Verdi un importante salto cualitativo. Era ya el compositor más famoso en su país natal pero nunca había estrenado en el extranjero. Así lo cuenta un orgulloso Muzio (su secretario y criado para todo) en carta a su protector Barezzi: “Nunca jamás un compositor ha hecho una ópera nueva para Londres: ni Rossini, ni Donizetti, ni Bellini. Este honor estaba reservado al Maestro”. Y era verdad pues tan sólo Weber con su Oberón y por supuesto Haendel (casi inglés por sus años de residencia), consiguieron estrenar en aquella plaza. El público se preguntaba como sería la nueva ópera compuesta por “ese” italiano del que tanto se hablaba y se decía de su buen hacer musical. El lugar escogido fue el “Her Majesty’s Theatre”, el actual “Covent Garden”. Por aquel entonces era uno de los mas grandes, restaurado tan sólo un año antes para poder albergar entre 2.500/3.000 espectadores y rivalizando en grandeza con La Scala. Un maravilloso interior en madera, un techo ligeramente volteado junto con sus cinco plantas con palcos en forma decreciente y un palco escénico extraordinariamente grande, permitían además de ópera, representar grandes producciones de ballet. Sin olvidar su maravillosa acústica que obligó al compositor a revisar su partitura suprimiendo o incluyendo algunos acompañamientos para que resaltara mejor su obra.
Además poseía una orquesta formada por grandes profesores que provenían de las mejores formaciones musicales de aquella época (París, Milán, Turín, Roma, San Petersburgo, Viena, etc.). Dentro de la orquesta existía un colega- Alfredo Piatti (colaborador de Mendelssohn y Listz)- que había estudiado en Milán, justo cuando Verdi vivía también allí en su época de formación. Verdi pensó en este violonchelista y escribió en la segunda parte de la Obertura un aterciopelado “obligato” en re menor de ese instrumento (una de las páginas mas hermosas de la ópera) que contrasta, por su carácter más romántico, con la primera parte (más elegiaca y trágica), al estilo de Attila y Macbeth.
Respecto a los cantantes, hay que decir que Verdi estaba ligado a lo que por entonces era práctica habitual: casi todos los compositores escribían su música para recreación máxima de los cantantes que la interpretaban. En las partes solistas de I Masnadieri la música se basa en la habilidad de los cantantes. Por eso el elenco debe tener muy buenas facultades para alternar momentos dramáticos, líricos y de coloratura. Y también por eso Verdi hubo de pensar previamente en los cantantes que quería para su ópera.
No hubo mayores problemas con el tenor a pesar de que Verdi tuvo que ceder en favor de Italo Gardoni frente a Gaetano Fraschini que era el que realmente quería. Al barítono Filippo Coletti- el Gusmano de Alzira- lo tuvo claro desde el primer momento. La incorporación de Luigi Lablache, una de los mejores bajos de entonces, fue muy bien recibida. La dificultad se concentró en “la prima donna”: Verdi propuso a la Barbieri-Nini y a Catarina Halles. Como no pudieron ser, hubo sus más y sus menos. El empresario Lumley se comprometió finalmente a intentarlo con Jenny Lind y esto calmó los ánimos de Verdi. La conocida cantante ya había debutado en grandes papeles como Roberto el diablo, Norma, La Sonnambula o Lucia. Tuvo una crisis vocal que solucionó el tenor Manuel García y en aquellos momentos se había retirado para hacer exclusivamente recitales. Según las crónicas tenía una excelente voz de soprano ligera pero con las características de una gran soprano con tintes dramáticos.
Hasta tal punto fue el interés de Verdi en la Lind que, de camino a Inglaterra, se quedó en París y mandó a su querido Muzio a Londres para acabar de resolver el tema, avisando al empresario que como no la consiguieran, no habría ópera. Sí que es verdad que en París estaba la Strepponi y que él tenía poca prisa por cumplir el contrato londinense. Por estas fechas, la pareja mantuvo una continuada relación en la ciudad luz que se prolongó durante casi dos años: fue determinante para tomar la decisión de vivir juntos diez años más, primero en Busseto y luego en Sant’Agata para finalmente casarse (28 de agosto de 1859) poco antes de que Verdi fuera nombrado diputado. Para que se estrenara la ópera, al final se resolvió todo satisfactoriamente y sólo entonces Verdi cruzó el canal de la Mancha para preparar el estreno que él mismo dirigió. Como dato curioso, Muzio describió a Jenny Lind (la soprano protagonista) como “una música perfecta, profunda, una persona buena, amable, llena de educación pero de una gran fealdad con su nariz enorme, su rostro nórdico, sus manos gruesas y sus pies grandes”.
Sobre el libreto, hay que decir primero que para Londres estuvo a punto de ser Il Corsaro en vez de I Masnadieri. Como decisión de última hora, a Verdi le pareció más interesante la segunda y por eso la acabó antes. La obra literaria en que se basa el argumento es de un Schiller temprano (22 años) que todavía no es dueño de su talento. Andrea Maffei, encargado de transformar el texto original en libreto, no era el más idóneo para pulir defectos, obviar debilidades o quitar al tema algunas situaciones que rozan el absurdo.
El día del estreno (22 de julio de 1847) parece que hacía muchísimo calor. La fecha, que coincidía con la sesión de clausura del parlamento, había sido fijada por la reina. La multitud de espectadores comenzó a agolparse a las puertas del teatro al comenzar la tarde, atraída por la anunciada presencia de la soberana y por la de Verdi que había, por fin, prometido a la reina que dirigiría las tres primeras funciones. A las cuatro de la tarde la sala estaba colmada y el público se había disputado a precio de oro las butacas no reservadas. Asistieron además de la reina Victoria, el príncipe consorte, Luis Napoleón y el Duque de Wellington. Según Muzio: “Desde la obertura hasta el último final, todo fue aplausos, llamadas a escena y pedidos de bises”. Una exitosa velada por parte del público pero no de la crítica. Abrumado con tantos honores, Verdi desapareció de allí al cuarto día del estreno para encontrarse con su Giuseppina. Esta ópera llegó a Italia el mismo año del estreno, cantándose en Bérgamo, Trieste y Verona. Luego cayó pronto en el olvido.
Discografía:
Director: Cantantes: Orquesta: Coro. Casa: CD,s Año: | Lamberto Gardelli Ruggero Raimondi, Monserrat Caballé, Carlo Bergonzi, Piero Cappuccilli, John Sandor. New Philharmonia Ambrosian Singers PHILIPS 2 CD (ADD) 1974 |
Director: Cantantes: Orquesta: Coro: Casa: CD,s Año: | Richard Bonynge Samuel Ramey, Joan Sutherland, Franco Bonisolli, Matteo Manuguerra, Simone Alaimo. Welsh National Opera Welsh National Opera DECCA 2 CD (DDD) 1982 |
Director: Cantantes: Orquesta: Coro: Casa: CD,s Año: | Maurizio Rinaldi F. di Bernardo, Stefania Bonfadelli, Mario Bianchi, Alberto Mastromarino. Amadeus Amadeus CLAMADISCO 2 CD (DDD) (En vivo) 1990 |
13 febrero 2011
TUTTO VERDI: MacBeth
By Tutto Opera Team
MacBeth es una ópera en cuatro actos con libreto de Francesco Maria Piave con algunas intervenciones de Andrea Maffei, basado en la tragedia escrita entre 1605/6 por William Shakespeare. La ópera se estrenó en el Teatro della Pergola de Florencia el 14 de marzo de 1847, con dirección del primer violín Alamanno Biangi. Verdi revisó esta obra para París y la estrenó (en francés) en el Teatro Lírico Imperial el 21 de abril de 1865. Esta versión, traducida al italiano, es la que se ha impuesto definitivamente y su premier se produjo en el Teatro alla Scala de Milán el 28 de enero de 1874.
El reparto del estreno en Florencia fue:
MacBeth (barítono)………..……………….. Felice Varesi
Lady MacBeth (soprano)…………………. Marianna Barbieri Nini
Banco (bajo)…………………….....………….. Nicola Benedetti
MacDuff (tenor)……………………...………. Angelo Brunacci
La acción se desarrolla en Escocia hacia el año 1040.
ACTO I: MacBeth y Banquo pasean, tras haber vencido a un ejército de invasores. Aparece un grupo de brujas que hacen enigmáticas profecías, refiriéndose a MacBeth con títulos inesperados, entre ellos el de rey de Escocia, y a Banquo como "padre de reyes". Desaparecen las brujas y llegan unos mensajeros del rey Duncan que dicen a MacBeth que le ha sido concedido el título y los derechos de Señor Cawdor, tal como habían dicho las brujas en una de sus predicciones. Los dos hombres reflexionan sobre lo ocurrido: "Due vaticini compiuti" ("Dos vaticinios cumplidos").
En el castillo de MacBeth, Lady MacBeth está leyendo una carta de su esposo en la que le relata el episodio de las brujas. Piensa entonces que para que se cumpla la más importante de las profecías sólo hay que dar muerte a Duncan, y confía en que su esposo no se resistirá a ello: "Vieni, t'afretta" ("Ven, date prisa"). Un sirviente anuncia la inminente llegada del rey, y Lady MacBeth decide asesinarle esa misma noche: "Or tutti sorgete, ministri infernali" ("Apareced ahora, espíritus infernales"). Llega MacBeth y acepta sin dudar la propuesta de su esposa.
Entran en escena el rey y su comitiva, y después de la recepción, Duncan se retira a sus habitaciones. MacBeth, a solas, canta: "Mi s'afaccia un pugnal?" ("¿Es un puñal lo que veo frente a mí?"). Desaparece dispuesto a cometer el crimen, y sale poco después, aterrado por lo que ha hecho, con sangre en las manos. Ha tirado el puñal y quiere manchar con la sangre del rey a los acompañantes, pero no puede hacerlo y es Lady MacBeth la que se encarga de ello.
Llaman a la puerta. Banquo y Macduff han llegado para acompañar en su viaje a Duncan. Macduff entra en la habitación del rey, en tanto que Banquo piensa en las miserias y portentos de la noche. MacDuff ha descubierto el crimen y despierta a todo el castillo, que se congrega en escena y expresa su horror ante tan terrible muerte.
ACTO II: MacBeth y su esposa están solos en el castillo. Y maquinan culpar de la muerte de Duncan a su hijo, Malcolm, que ha huido a Inglaterra tras el asesinato de su padre. Piensan también que para asegurar la sucesión de MacBeth debería tratar de que no se cumpliera la profecía de las brujas relativa a Banquo, y darle muerte también a él, y hacerlo esa misma noche. Sale MacBeth y su esposa manifiesta su enorme ambición: "La luce langue" ("La luz se extingue").
En el parque, a cierta distancia del castillo, los asesinos al servicio de MacBeth esperan la llegada de Banquo y de su hijo: ("Sparve il sol"). Se ocultan; llegan entonces Banquo y Fleance, su hijo, y comentan la negrura y lobreguez de la noche. Cuando reanudan su marcha hacia el castillo, emergen de la oscuridad los asesinos; Banquo es herido de muerte, pero su hijo hace huir a los atacantes.
En el gran salón del castillo, se celebra un banquete. MacBeth y su esposa reciben a los invitados. Lady MacBeth canta un brindis. Uno de los asesinos al servicio de MacBeth entra en escena e informa a sus señores que Banquo ha muerto, pero que Fleance ha conseguido escapar. MacBeth expresa a los asistentes el pesar que le ocasiona la muerte de Banquo y se dirige a su silla vacia, pero entonces, lleno de horror, ve en ella el fantasma del asesinado. Los invitados - que por supuesto, no ven al fantasma - se extrañan y alarman ante el terror que invade a MacBeth, a quien su esposa trata de calmar y que, para tranquilizar a los asistentes, vuelve de nuevo a brindar. Otra vez el terror hace presa en MacBeth, que sigue viendo el fantasma y ahora, ya, la realidad queda al descubierto; los invitados, presintiendo la culpabilidad de MacBeth, se retiran.
ACTO III: En una oscura gruta, las brujas están celebrando sus ritos en torno a un caldero puesto al fuego. Entra MacBeth y les pide que le digan cuál va a ser su destino. Las brujas después de unos conjuros le dicen, primero, que se guarde de MacDuff; segundo, que sea sanguinario, osado y resuelto, porque no puede ser dañado por ningún hombre nacido de mujer, y en tercer lugar, que no será vencido hasta que el Bosque de Birnam venga a Dunsiname. Pregunta entonces MacBeth si el linaje de Banquo llegará a reinar, y ellas hacen aparecer una silente procesión de futuros reyes, todos iguales a Banquo, quien se aparece en octavo lugar. Desaparecen las brujas y llega Lady MacBeth, quien afirma su determinación de triunfar sobre MacDuff y el hijo de Banquo. Y los dos esposos cantan una canción de muerte y de venganza: "Ora di morte e di vendetta".
ACTO IV: Cerca de la frontera inglesa, un grupo de infelices exiliados se lamentan de su suerte y la de su oprimido país ("Patria oppresa"); entre ellos se encuentra MacDuff, llorando a los miembros de su familia que han perecido a las manos de MacBeth ("Ah, la paterna mano"). Ahora llega Malcolm. a la cabeza de un ejército de soldados ingleses y les instruye para que corten ramas de los árboles del vecino bosque de Birnam y camuflar así su avance hasta Dunsiname. Todos se movilizan para salvar a Escocia: "La patria tradita piangendo ne invita".
En el salón del castillo de MacBeth, un médico y una dama de compañía esperan con gran ansiedad. La dama ha oído las palabras pronunciadas por la reina las dos noches últimas, mientras caminaba sonámbula. Ahora aparece Lady MacBeth, que camina y habla en sueños: "Una macchia e qui tuttora" ("Siempre aquí esta mancha - de sangre-"): su complicidad en los crímenes resulta innegable.
En otro lugar del castillo, MacBeth expresa su ira ante la situación: abandonado por sus amigos y a punto de ser atacado por los ingleses. Aún tiene confianza, sin embargo, en las profecías de las brujas, aunque no le presenten tributo de amor y respeto: "Pietà rispetto, amore...". Llegan noticias de que su esposa ha muerto y, después, de que parece como si el bosque de Birnam se acercase el castillo. MacBeth y sus hombres se aprestan a la batalla. En la lucha, MacBeth se encuentra con MacDuff a quien le dice que no podrá ser vencido por ningún hombre nacido de mujer, pero en la batalla vence MacDuff, que "fue sacado prematuramente del vientre de su madre", y MacBeth cae mortalmente herido. La ópera termina con un himno de victoria cantado por los vencedores.
Libreto: Italiano-Castellano
Partitura: PDF- Vocal Score
SOBRE SUS VALORES MUSICALES Y DRAMÁTICOS:
Verdi tomó con renovados bríos la creación de esta partitura después de un período de reposo forzoso, igual que lo había hecho años atrás con su Nabucco. Por eso la obra tiene la misma energía y entusiasmo de su primera ópera significativa. Pero es que además resulta ser según la crítica: “la mas experimental hasta el Otello”. Si en Nabucco se apreciaba la influencia del Mosè rossiniano, en esta ocasión Verdi se lanza a recorrer caminos nuevos. Podríamos decir que, por su cuenta, Verdi andaba tras las huellas de su particular “obra de arte total”, convencido de que el melodrama no sólo incluye la música y el canto sino que todos los medios concurren al resultado artístico y deben ser coordinados en un único acto creativo.
Que Verdi se convirtió por primera vez en un autentico productor-tirano a la hora de representar su ópera, pasando por encima del resignado empresario Lanari, lo demuestran muchísimos testimonios epistolares y si cabe hay tantos o mas en cartas a Cammarano cuando la ópera fue estrenada en Nápoles, sin olvidar tampoco su reelaboración en Paris, en aquel entonces dirigidos a su editor en Francia. Así escribía, por ejemplo, al escenógrafo florentino: “Mira que la sombra de Banco debe salir debajo de la tierra: deberá ser el mismo que representaba a Banco en el acto primero, deberá tener un velo ceniciento pero bastante ralo y fino, que apenas, apenas se vea, y Banco deberá tener los cabellos revueltos y diversas heridas en el cuello visibles”. Esto rompía las bases del melodrama italiano pues ciertos cantantes se negaban a realizarlo argumentando que lo representara un actor. Sanquirico, el famoso escenógrafo de La Scala, sugirió a Verdi el empleo de lo que entonces llamaban fantasmagorías (antecedente del cinematógrafo- una especie de linterna mágica) para resolver las apariciones de los ocho reyes y el compositor se la exige así al empresario: “Tu sabes lo que es la fantasmagoría y es inútil que te haga su descripción, por Dios, si la cosa sale bien, como me la ha descrito Sanquirico, será una cosa sorprendente y de hacer correr un mundo de gente por ello”. Por último recordar los tormentos por los que Verdi hizo pasar al libretista Piave en la confección del libreto para, finalmente, retocarlo Maffei.
El experimentalismo de Verdi no se limita a la teatralidad, ni siquiera a la búsqueda de la “palabra escénica” que conseguirá plenamente con posterioridad. La verdadera novedad son los intentos del compositor al abordar el aspecto vocal de su Macbeth. Dicho por el propio músico: “un cantabile muy sui generis”. Algunos críticos lo han definido como “el predominio del canto silábico sobre el canto vocalizado”. Un tipo de vocalidad muy particular que entrelaza fragmentos de canto explayado con recitados de voz impostada. Massimo Mila la denominó “dialoguización del aria” entendiendo que es un intento de superación del esquema recitativo-aria-cabaletta en favor de una estructura mas creíble para organizar la escena. La partitura está plagada de minuciosas indicaciones expresivas como si no le parecieran suficientes a Verdi las propias notas musicales para su empeño. Escogió como protagonista para el papel principal al barítono Felice Varesi que no estaba en perfecta forma vocal pero su dimensión de actor trágico no conocía límites.
A él le fue dando instrucciones de cómo debía abordar el rol en tres largas cartas de las que sólo consignaremos una parte de la primera: “Yo no acabaré nunca de recomendarte que estudies bien la posición. (Verdi entiende por posición el momento donde cae un aria, una parte musical, una frase….) En suma, tengo más gusto que sirvas mejor al poeta que al maestro. Desde el primer duetino tú podrás sacar mucho partido (mejor que si fuera una cavatina). Ten siempre a la vista la posición, que es cuando se encuentra con las brujas que le predicen el trono. Tú te quedas ante tal anuncio sorprendido y aterrorizado; pero te nace al mismo tiempo la ambición de llegar al trono. Por eso al principio del duetino lo dirás a baja voz, y ten cuidado de dar toda la importancia a los versos: <<>> Ten cuidado con los gestos, a los acentos, al pp y f señalados en la música. Recuerda que debes sacar también otro efecto de las notas <<>>. En el dúo grande los primeros versos del recitativo van dichos sin importancia cuando da la orden al servidor. Pero cuando se queda sólo poco a poco se transporta y le parece verse en las manos un puñal que le indica el medio para matar a Duncan. Este es un momento bellísimo, dramático y poético y lo debes cuidar mucho. Date cuenta que es de noche, todos duermen: todo este dúo deberá ser dicho a baja voz tenebrosa de dar terror. Macbeth sólo (como en un momento de transporte) dirá algunas frases con voz fuerte y desplegada, pero todo esto lo encontrarás explicado en el papel. Para que tú entiendas también mis ideas, te digo también que en todo este recitativo y dúo el instrumental consiste en instrumentos de arco con la sordina, en dos fagot, en dos cornos(trompas) y un tímpano (tambor). Te darás cuenta que la orquesta sonará extremadamente baja y vosotros debéis cantar también en sordina”.
Con todo esto se intenta demostrar el interés de Verdi por esta particular obra que, a diferencia de otras óperas suyas, siempre estuvo dispuesto a dirigir y reponer. Para concluir con este asunto nos quedan dos testimonios: el primero una carta de Verdi dirigida a Cammarano y el otro entresacado de las memorias de la Barbieri-Nini, primera intérprete de Lady Macbeth. Vamos con la primera, motivada por su estreno en Nápoles, perfilando lo que Verdi entendía como una intérprete ideal para la Lady: “La Tadolini (interprete propuesta a Verdi por el Teatro San Carlo) posee cualidades demasiado grandes para interpretar el papel. Quizás esto parezca un absurdo. La Tadolini tiene una hermosa figura y un aire de bondad, y yo quiero una Lady fea y mala. La Tadolini canta a la perfección y yo quiero una Lady que no cante en absoluto. La Tadolini tiene una voz excelente, clara, límpida, potente, y yo quiero una Lady con la voz áspera, sofocada, sombría. La voz de la Tadolini tiene algo angélico; la voz de Lady Macbeth debería tener algo diabólico”. Hay que reconocer la audacia de Verdi que, en pleno siglo XIX italiano, exija de una cantante que renuncie al canto en favor de una declamación trágica.
El otro testimonio es de la Barbieri-Nini: “Recuerdo que para Verdi había dos puntos culminantes en la obra: la escena del sonambulismo y el dúo con el barítono. Costará trabajo creerlo, pero la escena del sonambulismo significó para mí tres meses de estudio; durante tres meses busqué la manera de imitar, mañana y tarde, a los que hablan durmiendo, articulando palabras sin mover los labios (como decía Verdi), manteniendo inmóvil el rostro, contenidos los ojos. Era para enloquecer. Y el dúo con el barítono que comienza “Fatal mia donna”, aunque os parezca una exageración, fue ensayado más de ciento cincuenta veces: para lograr, según decía el maestro, que fuese mas discurso que canto. Y ahora escuchad esto. La noche del ensayo general, con el teatro lleno, Verdi se empeñó también en que los artistas lucieran el vestuario de la obra, y cuando él se proponía algo ¡Cuidado con contradecirle! Nos hallábamos pues vestidos y dispuestos, la orquesta en orden, los coros en el escenario, cuando Verdi nos hizo una señal a mí y a Varesi para que fuéramos entre bastidores: nos pidió que le acompañáramos a la sala de descanso para ensayar de nuevo ante el piano aquel supermaldito dúo. “Maestro, le dije aterrada, llevamos puestos los trajes escoceses ¿Cómo hacerlo?”, “Cubríos con una capa”. Harto ya ante aquella singular demanda, Varesi intentó levantar la voz diciendo “¡Pero por Dios, si lo hemos ensayado ciento cincuenta veces!”, “Después de ahora ya no podréis decir lo mismo: habrán sido ciento cincuenta y una”. Y tuvo lugar el ensayo número ciento cincuenta y uno, mientras un público impaciente abarrotaba en la platea”.
Un oscuro tono de fondo caracteriza la ópera. Aquí Verdi no tuvo en cuenta la doctrina estética de su tiempo que censuraba el abuso de los modos menores. El esfuerzo por hacer justicia a la obra dramática en la que se inspiraba, llevó a Verdi a caminos todavía no frecuentados hasta entonces rompiendo las fronteras de la convención y la rutina. Esto se aprecia tanto en las innovaciones formales (escenas completas que incluyen estructuras de nuevo cuño), como en el mismo lenguaje musical: audaces y sorpresivos giros armónicos, el recurso a nuevas tonalidades y el tratamiento modal.
El aria de salida del protagonista que constituía una costumbre fuertemente arraigada, es sustituida por un dúo, prueba evidente de que el compositor quería adaptarse a la necesidad y a la veracidad del drama, sin tener en cuenta la tradición.
Los críticos y el público del estreno florentino quedaron desconcertados al echar en falta un papel conductor de tenor y un conflicto amoroso. “Un’opera senza amore” era una de las rarezas mas grandes en la ópera italiana de aquel tiempo. Verdi se había vuelto a saltar lo establecido eligiendo como eje central de su creación un drama de conciencia y de psicología del poder, en lugar de un drama amoroso.
El personaje de Macbeth- sus dudas, miedos, ambición, culpa y remordimientos- está admirablemente descrito. El monólogo que precede al asesinato del rey Duncan (“Mi si affaccia un pugnal?”) es un recitativo acompañado con amplios intercalados de ariosos pero no es un recitativo tradicional, primero por su extensión y luego por la sensibilidad con la que las fórmulas musicales adheridas al texto reflejan las mas pequeñas emociones, todos los pensamientos y la complejidad de los matices sentimentales. En el gran dúo posterior con la Lady, se revelan las diferentes reacciones de carácter en Macbeth (miedo en: “Io colà?... non posso entrar!” y remordimiento en varios momentos y en especial: “Non potrebbe l’oceano / queste mani a me lavar!”). Sin embargo La Lady, dándose cuenta de la poca seguridad de su marido y muy consciente de su mayor fortaleza, le desprecia: “Fanciul vanitoso, Caudore, tu se’" y se hace coautora del asesinato, en ”Dammi il ferro” para involucrar a la guardia personal del rey muerto.
En el personaje de la Lady no queda claro su papel de inductora del crimen de Duncan (en la fuente literaria sí) pero es ambiciosa, dominante, decidida y conocedora de sus crímenes: en suma, una mujer malvada que sólo muestra arrepentimiento en la escena del sonambulismo. El aria “La luce langue” incrementa la importancia de su rol quedando a la misma altura del papel protagonista. En la recreación del sonambulismo, Verdi pensó que no podía ser ni un aria al uso ni un desenfrenado recitativo. Así el compositor eligió un amplio arioso incluido en un marco formal casi simétrico. Un preludio y un posludio orquestal extensos dirigen la atención del público al significado de la escena con una melodía característica que ocupa también un importante lugar en la obertura y que podría interpretarse simbólicamente como de culpa y expiación.
La cuadrilla de las tres brujas forman parte del plano fantástico de la obra en coro femenino y Verdi las consideraba como el “tercer protagonista”. Su parte musical recrea una particular mezcla de tonos con grotescos y agudos timbres de voz. En su ópera, Verdi no creía en estas criaturas como seres malvados sino más bien espíritus rudimentarios cuyo mundo no sabe de sentimientos. Entre sí son juguetonas y alegres pero no dirigen la acción. Sólo dicen lo que traerá el futuro aunque para ellas los conceptos de pasado, presente y futuro no existen: viven en un tiempo eterno, sin principio ni final, y por eso lo saben todo.
El pueblo no tiene un papel principal en el drama del vate inglés pero Verdi quería en 1847 aprovechar el tirón del Risorgimento e incorporar a la obra alguna escena coral. Puede decirse que la más famosa es “Patria oppressa!": en su primera versión se aproxima mucho a los coros patrios de aquella época pero fue revisada en la de París y el sentimiento y la música se acomodan mucho mejor a la tragedia. Existe también otro coro que tiene como participantes a Malcolm y Macduff : “La patria tradita” con ardorosos versos patrióticos de Maffei quien, curiosamente, no era un hombre especialmente contrario a la dominación austriaca. Este coro con cabaleta se mantuvo en las dos versiones. Pese a todo lo expuesto y a pesar de ser evidentes los progresos del compositor, con mucha frecuencia Verdi volvería atrás sus pasos en óperas posteriores para luego seguir avanzando y retroceder otra vez: en esta habilidad reside, de algún modo, su grandeza.
ANTECEDENTES DE SU COMPOSICIÓN:
Durante su estancia en Venecia por el estreno de Attila, Verdi tuvo una recaída en los males crónicos que le aquejaban (recordemos: debilidad en el aparato respiratorio, dolores gástricos y fuertes jaquecas). Como lo pasó tan mal, acudió a la consulta del doctor Gaspare Belcredi, quien le prescribió seis meses de absoluto reposo, consejo que el músico tomó muy en serio. Esta es la razón por la que transcurriera todo un año (del 17 de Marzo de 1846- estreno de Attila, hasta el 14 de Marzo de 1847- estreno de Macbeth), es decir 362 días sin que los teatros italianos conocieran alguna nueva ópera del maestro. Se recalca este hecho por ser extremadamente significativo en pleno período de galeras, si lo comparamos con los 104 días que distan a Giovanna D’Arco de I due Foscari, los 178 días de Alzira, o los 217 de Attila. Siendo Macbeth, con mucha diferencia, la mejor de sus obras entre Ernani y Rigoletto, algunos autores argumentan que “este forzado oasis dentro del desierto de los años de galeras es la causa de la creación de esta obra mayor”. Puede, pero no parece razón suficiente.
En la carta del 23 de Marzo de 1846 que Emmanuele Muzio (uno de los pocos amigos de Verdi, que actuaba además como su secretario y criado para todo) escribía a Antonio Barezzi (el “eterno” suegro), trazaba un retrato de que Verdi “había adelgazado mucho y se le veía agotado por la fiebre gástrica que arruinó su estancia en Venecia, dejando huellas tanto en su estado físico como mental”. Verdi decidió pasar este periodo de inactividad en Milán, en lugar de en Busseto, Los tres primeros meses los pasó en la ciudad: se levantaba tarde, luego daba largos paseos a pie por las calles milanesas y como tenía amigos ricos que le dejaban carroza y cochero, también atravesaba la campiña lombarda hasta Monza, Como o Treviglio. En julio fue a Recoaro Terme para tomar baños termales recomendados por su médico y en compañía de Andrea Maffei (entonces ya ex esposo de la condesa Clarina Maffei- con disgusto de Verdi que sintió mucho esta separación). Allí se aburrió, como lo demuestra una carta enviada a Emilia Morosini (dama de la sociedad milanesa):”No organizan nada. Ninguna actividad social a la noche, hay que ir a dormir después de cenar [...] Damos grandes paseos a lomo de burro con el guía que me asignó Carolina. Todavía no entendí qué efecto pueden hacerme las aguas termales. Creo que es una especie de “polvo de Perlimpimpin” que no hace ni bien ni mal. Por lo menos no me ocasiona ningún inconveniente: esperemos que pueda ver su beneficio más tarde”.
Y lo vio, pues cuando regresó a su estancia de Milán a finales de julio, estaba mucho mas animado y esa cura termal había conseguido ponerle en forma. Le sirvió además para interrogarse sobre la dirección que convenía darle a su carrera y en sus largas conversaciones con Maffei, se le ocurrió la idea de basar el tema de su siguiente ópera en alguna obra de Shapespeare, cayendo la elección en Macbeth. En carta del 2 de agosto de 1846 a Vincenzo Flauto, empresario del teatro San Carlo, Verdi decía: “Me siento perfectamente bien. Ignoro qué sensación puede producir esta novedad entre mis enemigos”. El fervor y el entusiasmo que parecían haberle abandonado hacía por lo menos dos años, habían retornado, y ahora era él (cosa rara en Verdi) quien presionaba al empresario Lanari para montar en Florencia un espectáculo de “cierta importancia”. De ninguna manera quería que la obra cuya música se disponía a componer, fuera estrenada en La Scala, por sus malas relaciones con Merelli.
No obstante, la elección de Macbeth no fue definitiva hasta comienzos del otoño, cuando el maestro tuvo la seguridad de la participación del barítono Felice Varessi, “el único artista que puede cantar el papel que tengo en mi cabeza, por su capacidad vocal, su sensibilidad, e, incluso, su apariencia física”, escribió Verdi al empresario. Pero faltaba quizá lo más difícil: convencer a Lanari y no fue nada sencillo: Verdi tuvo que poner en juego toda su influencia y toda su pasión por esta aventura, pues así la consideraba el empresario florentino. Verdi persuadió también a Piave para que viajara a Milán y comenzara sin tardanza la composición del libreto. Le argumentaba que “esa tragedia es una de las mayores creaciones humanas”. El bueno de Piave trató de influir en Lanari diciéndole que: “no podía permanecer ajeno a un movimiento que estaba destinado a abrir nuevos caminos a los maestros presentes y futuros”.
Nunca fue Verdi tan exigente con sus colaboradores. A Piave le dijo que “estaba en presencia de una de las obras maestras más importantes de la historia teatral”. Le ordenó redactar un libreto sintético y con versos concisos: “Te suplico que no desatiendas este Macbeth, te lo suplico de rodillas”. Y también “Métete esto en la cabeza: pocas palabras…..pocas palabras…..pocas palabras, pero significativas. Repito: pocas palabras”. En el otoño de 1846, Verdi trabajó en la que sería su siguiente ópera (I Masnadieri) pero en diciembre abandonó la tarea pues no le entusiasmaba, para dedicarse enteramente a Macbeth. Los textos que le entregaba Piave no le satisfacían, le parecía que el veneciano trabajaba demasiado lento y no llegaba a transmitir en verso el dramatismo del autor inglés. Según decía Muzio, también el propio Verdi componía a un ritmo relativamente lento pero aún así, muchas veces tenía que escribir la música de una escena sobre un simple boceto, antes de tener frente a sus ojos el texto de Piave. Y cuando finalmente a principios de Enero de 1847, tuvo en sus manos la última parte del libreto, le pareció que no era digno del proyecto que había concebido y le pidió a Maffei que lo ayudara en su revisión.
En la carta que Verdi envió a Piave para comunicárselo, no quiso andarse por las ramas: “¡Claro! No tienes culpa alguna, salvo que, increíblemente, escribiste esos dos últimos actos de cualquier manera. Pero, por suerte, San Andrea (se refiere a Maffei) nos ayudó, a ti y a mi, y a mi más todavía que a ti, porque, para hablarte francamente, yo no habría podido componer la música con esos textos. Como ves, me habría encontrado e un verdadero aprieto. Ahora todo se arregló, puesto que hemos cambiado casi todo”. A pesar de esta “bella” carta y de su retirada del proyecto, el bueno de Piave no se dio por aludido y continuó la relación de amistad. El tal “San Andrea” parece que sólo modificó el papel de las brujas y el coro de los exiliados escoceses que enardeció los sentimientos patrios con su texto: “La patria traicionada, llorando nos llama”.
El 28 de enero de 1847, Muzio comunicó triunfalmente a Barezzi que “el maestro había terminado su ópera y que sólo faltaba escribir la orquestación”. A mediados de febrero, Verdi emprendió camino a Florencia en compañía de su querido Muzio. Rechazó la oferta de Lanari de instalarse en su casa y ubicó su cuartel general en el Hotel Suizo, ocupando con su secretario “un magnífico apartamento, un verdadero pequeño paraíso donde nos alimentan como si fuéramos reyes”, en carta a Barezzi del ingenuo Muzio. Luego se les unieron Maffei, Barezzi y su hijo, y más tarde, la Strepponi llegada expresamente de París.
Pasó un mes entre los ensayos, la puesta a punto de la escenografía y los últimos retoques al texto, a las partituras musicales y a la orquestación. Verdi exigía tres o cuatro ensayos por día. Con el empresario Lanari se mostró exigente e imperativo como lo había sido con Piave, instándole a no economizar en la cantidad y la calidad de los coristas, ni en el empleo de una maquinaria sofisticada (linterna mágica), capaz de responder al interés que tenía el maestro por representar algunas secuencias en un plano fantástico. No descuidó ningún detalle escénico, ya fuera decorados, vestuario, cantantes, maquillaje, actuaciones y por supuesto el modo de cantar. A todo el mundo le impuso sus consignas. Siguiendo su costumbre, antes del estreno tuvieron lugar unas representaciones de Attila para compaginar obra nueva con antigua: fueron un éxito y Muzzio (que era también compositor y director de orquesta) se ocupó de todos los detalles.
A Verdi le habría gustado que su lady Macbeth la cantara Sofía Loewe pero estaba embarazada y empezaba a perder voz. Lanari decidió contratar a Marianna Barbieri-Nini, una soprano de gran talento pero menos famosa. Era bastante fea: la Strepponi había dicho una vez de la artista “Si ella encontró marido, nadie debe desesperar de encontrar uno”. El barítono Varessi, la soprano protagonista, los coristas, los músicos de la orquesta y el director concertador (Pietro Romani), conservarían durante mucho tiempo un recuerdo terrible de los ensayos dirigidos con “mano de hierro” por el compositor.
Y esto era debido a que Verdi temía la reacción del público florentino pues este no tenía nada de indulgente. Macbeth se estrenó el 14 de marzo de 1847 en el teatro La Pérgola de Florencia (la partitura la dedicó a su suegro) y fue un triunfo. Así lo relató, un demasiado orgulloso Antonio Barezzi en una entusiasta carta a los miembros de su familia: “Anoche tuvo lugar la gran representación de Macbeth, que, como siempre, tuvo un enorme éxito. Fue obligado a saludar treinta y ocho veces en el transcurso de la representación […..] Cuando Verdi y yo salimos del teatro, fuimos rodeados por una inmensa multitud que nos acompañó con aclamaciones hasta nuestro hotel, que se encuentra a más de una milla del teatro. Verdi tuvo que detenerse varias veces para agradecer a la multitud florentina, compuesta por la más bella juventud. Olvidaba decirles que la primera noche hubo muchísimo público. Abrieron el teatro a las cuatro, y algunos minutos mas tarde estaba lleno. [….] La ópera empezó a las ocho en punto, la obertura fue inmediatamente aplaudida y llamaron a escena al maestro. Luego, el coro de las brujas debió repetirse, y otra vez llamaron frenéticamente al maestro a escena. También se repitió el dúo entre Barbieri y Varessi, así como otros dos coros. Verdi fue llamado veintisiete veces a escena durante la ópera”.
La crítica se mostró en general, menos eufórica que los espectadores. Algunos le criticaban a Verdi que no hubiera renunciado a los efectos fáciles y las piezas de bravura características. Los puristas le reprochaban el hecho de dar preeminencia a la melodía y a los estribillos, de halagar el gusto del público y de no haber roto con la “vulgaridad” de sus primeras óperas. Les pareció que Verdi no se había elevado a la altura del dramaturgo inglés.
ANTECEDENTES DE LA REVISIÓN DE 1865:
Después del estreno en San Petersburgo a finales de 1862 de La forza del destino, Verdi no compuso ninguna ópera nueva hasta el primer trimestre de 1867 con la versión francesa de Don Carlos. Los años de producción intensa habían acabado y ahora disfrutaba en la cincuentena de su posición de rico hacendado al lado de su ya esposa legal Giuseppina, viviendo en la casa de Sant’Agata, pasando los inviernos en Génova y con algunas escapadas a París donde el matrimonio se sentía a gusto, mas que nada por su mayor anonimato. Pero Verdi siempre tenía cosas que hacer como por ejemplo: controlar-organizar-dirigir muy próximo sus productivas tierras de labranza y animales de granja, acudir al parlamento de Turín- pues fue nombrado diputado en la primera unificación italiana de 1861 (no estaban integradas todavía ni Roma ni Venecia), mantener sus “líos” con la famosa “scapigliatura” (movimiento literario-musical de tendencia germanófila- uno de sus representantes fue Arrigo Boito), poner a raya a sus vecinos de Busseto pues a pesar de ser su delegado político mantenía con ellos una relación de amor-odio y finalmente, llevar muy de cerca todos los asuntos referidos a derechos de autor por si un atrevido empresario reponía alguna de sus obras sin pagárselos.
Pero es evidente que a pesar de estas actividades, Verdi seguía manteniendo contactos con el mundo lírico y el social, recibiendo propuestas para asistir a estrenos, participar en conmemoraciones y aceptar honores. Entre estos últimos, en el verano de 1864, le hizo especial ilusión entrar a formar parte de la Academia de Bellas Artes de Francia- por 23 votos a favor sobre 37- ocupando el sillón de Meyerbeer que había fallecido en mayo. Pero no siempre reaccionaba así pues tenía mucha tendencia a rechazar en bloque todo lo que le parecía inútil o contrario a su concepción del arte musical. En carta de Verdi a Clarina Maffei decía: “Estoy aquí con usted, con una amiga, y respiro. Sepa que durante varios días estuve enredado con municipalidades, congresos, monumentos, diputaciones, sociedades de música de cámara, himnos para sacerdotes, monjes, santos arcángeles, etc. Si hubiera aceptado, podía haber escrito este año seis himnos. ¡Seis himnos! Preferiría escribir doce óperas. Porque esa clase de música no es música: es la negación del arte y tiene tanto que ver con el arte como yo con la teología. Por supuesto, rechacé todo”.
La Academia de Bellas Artes demostraba el interés que tenía Francia por la obra y la personalidad del compositor italiano. Parece que le habían perdonado su arranque de ira al dejar plantados los ensayos de Les vêpres sicilienes sin volver a aparecer más por allí. Al Teatro de la Ópera de París, Verdi lo calificaba como “gran almacén” con una estructura excesivamente burocrática y unas exigencias formales que ralentizaban en demasía las cosas. El Teatro de los Italianos, también de París, anhelaba que Verdi permitiera poner en escena alguna de sus obras pero el maestro se había quejado en muchas ocasiones de la deshonestidad de su empresario (Prospero Bagier). Sin embargo, con el Teatro Lírico Imperial, también de aquella plaza y que dirigía Leon Carvalho, sus relaciones eran de naturaleza completamente distinta. Carvalho había comprendido que, para montar en las mejores condiciones obras de repertorio extranjero, era preciso tener buenas relaciones con sus autores. Por eso, cuando la apuesta valía la pena, no les aplicaba la legislación francesa en materia de derechos, pagándoles los royaltis de forma directa. Esto ya había sucedido con Rigoletto en 1863 y la operación se repitió con La Traviata (rebautizada como Violetta en Francia).
Por todo lo anterior, Escudier- su editor en la capital francesa- propuso a Verdi poner en escena una versión reformada del Macbeth con lo que Carvalho se puso muy contento al aceptar Verdi el encargo y comprometerse a entregar la partitura a principios de 1865. Se encomendó al paciente Piave, ahora instalado en Milán, la reelaboración del texto en italiano, siendo Louis Étienne Nuitter y Alexandre Beaumont los encargados de traducir sus versos al francés. Verdi enviaba regularmente borradores en prosa y verso al veneciano y éste los reformaba, a menudo varias veces, porque Verdi seguía manifestando las mismas exigencias que en el pasado: concisión, pulido de versos y eliminación de lugares comunes. Entretanto Verdi había comenzado a trabajar en la partitura pero las cosas no avanzaban tan rápido como él esperaba. Le costaba retomar el hilo después de tantos años. Él era capaz de dar lo mejor de sí mismo al primer encuentro y podía modificar con facilidad tal o cual detalle pero para igualar lo que le había dictado el primer impulso de su inspiración, tenía que hacer verdaderos esfuerzos.
Tuvo que poner todo su afán y en enero de 1865 la mayor parte del trabajo estaba listo. Hizo considerables transformaciones: modificó o suprimió escenas enteras, reescribió totalmente el tercer acto y amplió el ballet. En cartas a Escudier le pedía seguir de cerca la versión francesa y le daba instrucciones sobre determinados puntos de la puesta en escena, porque, en contra de la esperanza de Giuseppina, Verdi decidió no desplazarse a París, dejando a Escudier y Carvalho los arreglos de última hora y la responsabilidad del éxito o fracaso de la obra. La ópera se estrenó el 21 de abril de 1865. La acogida fue bastante buena en las tres o cuatro primeras funciones pero luego, el interés del público decayó y hubo que retirar la ópera de cartel después de quince representaciones. Las reacciones de la crítica parisina no fueron ajenas a esta tibia recepción que fue desbordante con Rigoletto y La Traviata, estrenadas más recientemente pues la versión francesa de Il Trovatore fue en 1857. Le reprochaban a Verdi “no conocer a Shakespeare”: una crítica que él tomó bastante mal porque en su primera juventud había leído, releído y meditado la obra del dramaturgo isabelino. Además el cabreo fue doble pues le llegó al mismo tiempo la noticia del gran éxito que había obtenido en Génova el Amleto de Faccio y Boito (pertenecientes a la “scapigliatura”) y la crítica que de ella hizo Filippo Filippi que decía (no hace falta comentar que este crítico “estimaba mucho” a Verdi): “desde hace cuarenta años, Italia no había visto una ópera tan completa, una obra tan moderna y refinada (se refería, por si hay dudas, al Amleto)”.
El estreno en italiano de esta versión de Macbeth en el Teatro alla Scala, aún tardaría en producirse (28 de enero de 1874) y es esta la versión que se ha impuesto en los escenarios como definitiva, sin ballet y con algunos añadidos de la versión florentina impuestos por la costumbre (muerte de Macbeth: Mal per me che m’affidai- Mal para mi que me fíe). Recientemente el festival de Martina Franca de 1997 recuperó la versión original florentina. Según Fernando Fraga: “En la versión primeriza ya está captada la esencia del drama pero con la de 1865 esta aproximación es potenciada y redondeada” y también “…en la versión original conviven formas y recursos expresivos de la mas trillada convencionalidad, como si al compositor le costase desprenderse de un bagaje personal, popular y efectivo pero ya caduco”. Aún siendo todavía esta ópera belcantista, la mano del compositor ya madurado en su arte, se nota mucho. Curiosamente, esta es una de las óperas que entró muy pronto en la injusta lista del olvido aunque en nuestros tiempos se la estima, como los buenos vinos, cada vez más.
Vamos a intentar censar los cambios musicales realizados por Verdi en esta nueva versión:
1.- Existen pequeños cambios sólo referidos a texto como en el caso de la cabaleta de la Lady en el primer acto: (“furie infernale” se convierte en “ministri infernali”.
2.- La cabaleta del segundo acto “Trionfai, securi alfine” es sustituida por el aria “La luce langue”.
3.- La Lady aparece también en el tercer acto: MacBeth decide exterminar a MacDuff y ambos tienen un duetto (“Ora di morte e di vendetta”) que sustituye a la cabaleta de MacBeth, en solitario, de la versión original (”Vada in fiamme e in polve cada”).
4.- En el tercer acto, para adecuarse a los gustos franceses, se incluye un ballet (normalmente se suprime).
5.- Se modifica el coro del cuarto acto, que queda como “Patria oppresa”
6.- La muerte de MacBeth que debía cantar con voz débil “Mal per me che m’affidai”, es sustituida por un adagio orquestal. En la práctica actual siempre se mantiene.
Lo que resulta de verdad curioso es el hecho de que Verdi respetara totalmente algunas páginas que tantos críticos, incluso hoy, consideran triviales o vulgares como por ejemplo: los coros de las brujas o la marcha que acompaña al rey Duncan. Son pasajes cuyo retoque le hubiera exigido muy poco esfuerzo y sin embargo los respetó.
MACBETH: VERDI VS. SHAKESPEARE:
Creemos que en este tema existen, al menos, dos aspectos a tener en cuenta: uno es el argumento y el otro el carácter del protagonista. Respecto al argumento, ejerciendo la comparativa entre el libreto de la ópera y la obra original (AQUÍ), la conclusión es que no difieren demasiado (todo o casi todo lo que está en el original, lo recogen Piave-Verdi en el texto).
Otra cosa es la psicología del protagonista y la densidad del drama. Para hacernos una idea de la discrepancia, que sí parece existir, entresaco algunas frases de un artículo que ha caído en mis manos, firmado por Frank J. Warnke y titulado “MacBeth degradado”: “Nos enfrentamos con un protagonista cuya caída viene causada no por debilidad o por un desdichado juicio, sino por una serie de crímenes sangrientos que van desde el regicidio hasta el infanticidio. Pero en el original esta orgía de sangre a gran escala le es impuesta al hombre y a su mundo no por unos toscos principios de absoluta maldad dentro de él, sino por una fatal incapacidad que hace que, incluso sus más profundas virtudes, se conviertan en fuente de maldad. El defecto de ambición de Macbeth y su profundo amor por su mujer, surgen de su afán de poder y su trayectoria de maldad está iluminada en todo momento por un conocimiento moral. Lo que hace trágico al Macbeth inglés es que él tiene un alma que destruir”. Completaremos este escrito con otro, mas rotundo, encontrado por la red sin que os sepa decir su autoría (se titula “No exactamente Shakespeare”): “El respeto de Verdi por Shakespeare no evitó que pusiera en Macbeth lo que quería ver. Verdi transformó muchos aspectos del drama, incluyendo el personaje principal. El Macbeth de Shakespeare es fundamentalmente un hombre bueno. Es un guerrero leal, amado por su rey y respetado por sus amigos. Su batalla interna, contra las tentaciones de las brujas y contra su esposa, es el corazón de la trama. El Macbeth de Verdi, en contraste, está podrido de pies a cabeza: un hombre malo con una mujer aún peor. La falta de un conflicto interno cambia el significado del drama. Cuando vemos al Macbeth de Shakespeare, vemos un buen hombre tornándose en un monstruo. Cuando vemos el Macbeth de Verdi, somos testigos de un monstruo destrozando un país”.
Discografía:
MacBeth es una ópera en cuatro actos con libreto de Francesco Maria Piave con algunas intervenciones de Andrea Maffei, basado en la tragedia escrita entre 1605/6 por William Shakespeare. La ópera se estrenó en el Teatro della Pergola de Florencia el 14 de marzo de 1847, con dirección del primer violín Alamanno Biangi. Verdi revisó esta obra para París y la estrenó (en francés) en el Teatro Lírico Imperial el 21 de abril de 1865. Esta versión, traducida al italiano, es la que se ha impuesto definitivamente y su premier se produjo en el Teatro alla Scala de Milán el 28 de enero de 1874.
El reparto del estreno en Florencia fue:
MacBeth (barítono)………..……………….. Felice Varesi
Lady MacBeth (soprano)…………………. Marianna Barbieri Nini
Banco (bajo)…………………….....………….. Nicola Benedetti
MacDuff (tenor)……………………...………. Angelo Brunacci
La acción se desarrolla en Escocia hacia el año 1040.
ACTO I: MacBeth y Banquo pasean, tras haber vencido a un ejército de invasores. Aparece un grupo de brujas que hacen enigmáticas profecías, refiriéndose a MacBeth con títulos inesperados, entre ellos el de rey de Escocia, y a Banquo como "padre de reyes". Desaparecen las brujas y llegan unos mensajeros del rey Duncan que dicen a MacBeth que le ha sido concedido el título y los derechos de Señor Cawdor, tal como habían dicho las brujas en una de sus predicciones. Los dos hombres reflexionan sobre lo ocurrido: "Due vaticini compiuti" ("Dos vaticinios cumplidos").
En el castillo de MacBeth, Lady MacBeth está leyendo una carta de su esposo en la que le relata el episodio de las brujas. Piensa entonces que para que se cumpla la más importante de las profecías sólo hay que dar muerte a Duncan, y confía en que su esposo no se resistirá a ello: "Vieni, t'afretta" ("Ven, date prisa"). Un sirviente anuncia la inminente llegada del rey, y Lady MacBeth decide asesinarle esa misma noche: "Or tutti sorgete, ministri infernali" ("Apareced ahora, espíritus infernales"). Llega MacBeth y acepta sin dudar la propuesta de su esposa.
Entran en escena el rey y su comitiva, y después de la recepción, Duncan se retira a sus habitaciones. MacBeth, a solas, canta: "Mi s'afaccia un pugnal?" ("¿Es un puñal lo que veo frente a mí?"). Desaparece dispuesto a cometer el crimen, y sale poco después, aterrado por lo que ha hecho, con sangre en las manos. Ha tirado el puñal y quiere manchar con la sangre del rey a los acompañantes, pero no puede hacerlo y es Lady MacBeth la que se encarga de ello.
Llaman a la puerta. Banquo y Macduff han llegado para acompañar en su viaje a Duncan. Macduff entra en la habitación del rey, en tanto que Banquo piensa en las miserias y portentos de la noche. MacDuff ha descubierto el crimen y despierta a todo el castillo, que se congrega en escena y expresa su horror ante tan terrible muerte.
ACTO II: MacBeth y su esposa están solos en el castillo. Y maquinan culpar de la muerte de Duncan a su hijo, Malcolm, que ha huido a Inglaterra tras el asesinato de su padre. Piensan también que para asegurar la sucesión de MacBeth debería tratar de que no se cumpliera la profecía de las brujas relativa a Banquo, y darle muerte también a él, y hacerlo esa misma noche. Sale MacBeth y su esposa manifiesta su enorme ambición: "La luce langue" ("La luz se extingue").
En el parque, a cierta distancia del castillo, los asesinos al servicio de MacBeth esperan la llegada de Banquo y de su hijo: ("Sparve il sol"). Se ocultan; llegan entonces Banquo y Fleance, su hijo, y comentan la negrura y lobreguez de la noche. Cuando reanudan su marcha hacia el castillo, emergen de la oscuridad los asesinos; Banquo es herido de muerte, pero su hijo hace huir a los atacantes.
En el gran salón del castillo, se celebra un banquete. MacBeth y su esposa reciben a los invitados. Lady MacBeth canta un brindis. Uno de los asesinos al servicio de MacBeth entra en escena e informa a sus señores que Banquo ha muerto, pero que Fleance ha conseguido escapar. MacBeth expresa a los asistentes el pesar que le ocasiona la muerte de Banquo y se dirige a su silla vacia, pero entonces, lleno de horror, ve en ella el fantasma del asesinado. Los invitados - que por supuesto, no ven al fantasma - se extrañan y alarman ante el terror que invade a MacBeth, a quien su esposa trata de calmar y que, para tranquilizar a los asistentes, vuelve de nuevo a brindar. Otra vez el terror hace presa en MacBeth, que sigue viendo el fantasma y ahora, ya, la realidad queda al descubierto; los invitados, presintiendo la culpabilidad de MacBeth, se retiran.
ACTO III: En una oscura gruta, las brujas están celebrando sus ritos en torno a un caldero puesto al fuego. Entra MacBeth y les pide que le digan cuál va a ser su destino. Las brujas después de unos conjuros le dicen, primero, que se guarde de MacDuff; segundo, que sea sanguinario, osado y resuelto, porque no puede ser dañado por ningún hombre nacido de mujer, y en tercer lugar, que no será vencido hasta que el Bosque de Birnam venga a Dunsiname. Pregunta entonces MacBeth si el linaje de Banquo llegará a reinar, y ellas hacen aparecer una silente procesión de futuros reyes, todos iguales a Banquo, quien se aparece en octavo lugar. Desaparecen las brujas y llega Lady MacBeth, quien afirma su determinación de triunfar sobre MacDuff y el hijo de Banquo. Y los dos esposos cantan una canción de muerte y de venganza: "Ora di morte e di vendetta".
ACTO IV: Cerca de la frontera inglesa, un grupo de infelices exiliados se lamentan de su suerte y la de su oprimido país ("Patria oppresa"); entre ellos se encuentra MacDuff, llorando a los miembros de su familia que han perecido a las manos de MacBeth ("Ah, la paterna mano"). Ahora llega Malcolm. a la cabeza de un ejército de soldados ingleses y les instruye para que corten ramas de los árboles del vecino bosque de Birnam y camuflar así su avance hasta Dunsiname. Todos se movilizan para salvar a Escocia: "La patria tradita piangendo ne invita".
En el salón del castillo de MacBeth, un médico y una dama de compañía esperan con gran ansiedad. La dama ha oído las palabras pronunciadas por la reina las dos noches últimas, mientras caminaba sonámbula. Ahora aparece Lady MacBeth, que camina y habla en sueños: "Una macchia e qui tuttora" ("Siempre aquí esta mancha - de sangre-"): su complicidad en los crímenes resulta innegable.
En otro lugar del castillo, MacBeth expresa su ira ante la situación: abandonado por sus amigos y a punto de ser atacado por los ingleses. Aún tiene confianza, sin embargo, en las profecías de las brujas, aunque no le presenten tributo de amor y respeto: "Pietà rispetto, amore...". Llegan noticias de que su esposa ha muerto y, después, de que parece como si el bosque de Birnam se acercase el castillo. MacBeth y sus hombres se aprestan a la batalla. En la lucha, MacBeth se encuentra con MacDuff a quien le dice que no podrá ser vencido por ningún hombre nacido de mujer, pero en la batalla vence MacDuff, que "fue sacado prematuramente del vientre de su madre", y MacBeth cae mortalmente herido. La ópera termina con un himno de victoria cantado por los vencedores.
Libreto: Italiano-Castellano
Partitura: PDF- Vocal Score
SOBRE SUS VALORES MUSICALES Y DRAMÁTICOS:
Verdi tomó con renovados bríos la creación de esta partitura después de un período de reposo forzoso, igual que lo había hecho años atrás con su Nabucco. Por eso la obra tiene la misma energía y entusiasmo de su primera ópera significativa. Pero es que además resulta ser según la crítica: “la mas experimental hasta el Otello”. Si en Nabucco se apreciaba la influencia del Mosè rossiniano, en esta ocasión Verdi se lanza a recorrer caminos nuevos. Podríamos decir que, por su cuenta, Verdi andaba tras las huellas de su particular “obra de arte total”, convencido de que el melodrama no sólo incluye la música y el canto sino que todos los medios concurren al resultado artístico y deben ser coordinados en un único acto creativo.
Que Verdi se convirtió por primera vez en un autentico productor-tirano a la hora de representar su ópera, pasando por encima del resignado empresario Lanari, lo demuestran muchísimos testimonios epistolares y si cabe hay tantos o mas en cartas a Cammarano cuando la ópera fue estrenada en Nápoles, sin olvidar tampoco su reelaboración en Paris, en aquel entonces dirigidos a su editor en Francia. Así escribía, por ejemplo, al escenógrafo florentino: “Mira que la sombra de Banco debe salir debajo de la tierra: deberá ser el mismo que representaba a Banco en el acto primero, deberá tener un velo ceniciento pero bastante ralo y fino, que apenas, apenas se vea, y Banco deberá tener los cabellos revueltos y diversas heridas en el cuello visibles”. Esto rompía las bases del melodrama italiano pues ciertos cantantes se negaban a realizarlo argumentando que lo representara un actor. Sanquirico, el famoso escenógrafo de La Scala, sugirió a Verdi el empleo de lo que entonces llamaban fantasmagorías (antecedente del cinematógrafo- una especie de linterna mágica) para resolver las apariciones de los ocho reyes y el compositor se la exige así al empresario: “Tu sabes lo que es la fantasmagoría y es inútil que te haga su descripción, por Dios, si la cosa sale bien, como me la ha descrito Sanquirico, será una cosa sorprendente y de hacer correr un mundo de gente por ello”. Por último recordar los tormentos por los que Verdi hizo pasar al libretista Piave en la confección del libreto para, finalmente, retocarlo Maffei.
El experimentalismo de Verdi no se limita a la teatralidad, ni siquiera a la búsqueda de la “palabra escénica” que conseguirá plenamente con posterioridad. La verdadera novedad son los intentos del compositor al abordar el aspecto vocal de su Macbeth. Dicho por el propio músico: “un cantabile muy sui generis”. Algunos críticos lo han definido como “el predominio del canto silábico sobre el canto vocalizado”. Un tipo de vocalidad muy particular que entrelaza fragmentos de canto explayado con recitados de voz impostada. Massimo Mila la denominó “dialoguización del aria” entendiendo que es un intento de superación del esquema recitativo-aria-cabaletta en favor de una estructura mas creíble para organizar la escena. La partitura está plagada de minuciosas indicaciones expresivas como si no le parecieran suficientes a Verdi las propias notas musicales para su empeño. Escogió como protagonista para el papel principal al barítono Felice Varesi que no estaba en perfecta forma vocal pero su dimensión de actor trágico no conocía límites.
A él le fue dando instrucciones de cómo debía abordar el rol en tres largas cartas de las que sólo consignaremos una parte de la primera: “Yo no acabaré nunca de recomendarte que estudies bien la posición. (Verdi entiende por posición el momento donde cae un aria, una parte musical, una frase….) En suma, tengo más gusto que sirvas mejor al poeta que al maestro. Desde el primer duetino tú podrás sacar mucho partido (mejor que si fuera una cavatina). Ten siempre a la vista la posición, que es cuando se encuentra con las brujas que le predicen el trono. Tú te quedas ante tal anuncio sorprendido y aterrorizado; pero te nace al mismo tiempo la ambición de llegar al trono. Por eso al principio del duetino lo dirás a baja voz, y ten cuidado de dar toda la importancia a los versos: <<>> Ten cuidado con los gestos, a los acentos, al pp y f señalados en la música. Recuerda que debes sacar también otro efecto de las notas <<>>. En el dúo grande los primeros versos del recitativo van dichos sin importancia cuando da la orden al servidor. Pero cuando se queda sólo poco a poco se transporta y le parece verse en las manos un puñal que le indica el medio para matar a Duncan. Este es un momento bellísimo, dramático y poético y lo debes cuidar mucho. Date cuenta que es de noche, todos duermen: todo este dúo deberá ser dicho a baja voz tenebrosa de dar terror. Macbeth sólo (como en un momento de transporte) dirá algunas frases con voz fuerte y desplegada, pero todo esto lo encontrarás explicado en el papel. Para que tú entiendas también mis ideas, te digo también que en todo este recitativo y dúo el instrumental consiste en instrumentos de arco con la sordina, en dos fagot, en dos cornos(trompas) y un tímpano (tambor). Te darás cuenta que la orquesta sonará extremadamente baja y vosotros debéis cantar también en sordina”.
Con todo esto se intenta demostrar el interés de Verdi por esta particular obra que, a diferencia de otras óperas suyas, siempre estuvo dispuesto a dirigir y reponer. Para concluir con este asunto nos quedan dos testimonios: el primero una carta de Verdi dirigida a Cammarano y el otro entresacado de las memorias de la Barbieri-Nini, primera intérprete de Lady Macbeth. Vamos con la primera, motivada por su estreno en Nápoles, perfilando lo que Verdi entendía como una intérprete ideal para la Lady: “La Tadolini (interprete propuesta a Verdi por el Teatro San Carlo) posee cualidades demasiado grandes para interpretar el papel. Quizás esto parezca un absurdo. La Tadolini tiene una hermosa figura y un aire de bondad, y yo quiero una Lady fea y mala. La Tadolini canta a la perfección y yo quiero una Lady que no cante en absoluto. La Tadolini tiene una voz excelente, clara, límpida, potente, y yo quiero una Lady con la voz áspera, sofocada, sombría. La voz de la Tadolini tiene algo angélico; la voz de Lady Macbeth debería tener algo diabólico”. Hay que reconocer la audacia de Verdi que, en pleno siglo XIX italiano, exija de una cantante que renuncie al canto en favor de una declamación trágica.
El otro testimonio es de la Barbieri-Nini: “Recuerdo que para Verdi había dos puntos culminantes en la obra: la escena del sonambulismo y el dúo con el barítono. Costará trabajo creerlo, pero la escena del sonambulismo significó para mí tres meses de estudio; durante tres meses busqué la manera de imitar, mañana y tarde, a los que hablan durmiendo, articulando palabras sin mover los labios (como decía Verdi), manteniendo inmóvil el rostro, contenidos los ojos. Era para enloquecer. Y el dúo con el barítono que comienza “Fatal mia donna”, aunque os parezca una exageración, fue ensayado más de ciento cincuenta veces: para lograr, según decía el maestro, que fuese mas discurso que canto. Y ahora escuchad esto. La noche del ensayo general, con el teatro lleno, Verdi se empeñó también en que los artistas lucieran el vestuario de la obra, y cuando él se proponía algo ¡Cuidado con contradecirle! Nos hallábamos pues vestidos y dispuestos, la orquesta en orden, los coros en el escenario, cuando Verdi nos hizo una señal a mí y a Varesi para que fuéramos entre bastidores: nos pidió que le acompañáramos a la sala de descanso para ensayar de nuevo ante el piano aquel supermaldito dúo. “Maestro, le dije aterrada, llevamos puestos los trajes escoceses ¿Cómo hacerlo?”, “Cubríos con una capa”. Harto ya ante aquella singular demanda, Varesi intentó levantar la voz diciendo “¡Pero por Dios, si lo hemos ensayado ciento cincuenta veces!”, “Después de ahora ya no podréis decir lo mismo: habrán sido ciento cincuenta y una”. Y tuvo lugar el ensayo número ciento cincuenta y uno, mientras un público impaciente abarrotaba en la platea”.
Un oscuro tono de fondo caracteriza la ópera. Aquí Verdi no tuvo en cuenta la doctrina estética de su tiempo que censuraba el abuso de los modos menores. El esfuerzo por hacer justicia a la obra dramática en la que se inspiraba, llevó a Verdi a caminos todavía no frecuentados hasta entonces rompiendo las fronteras de la convención y la rutina. Esto se aprecia tanto en las innovaciones formales (escenas completas que incluyen estructuras de nuevo cuño), como en el mismo lenguaje musical: audaces y sorpresivos giros armónicos, el recurso a nuevas tonalidades y el tratamiento modal.
El aria de salida del protagonista que constituía una costumbre fuertemente arraigada, es sustituida por un dúo, prueba evidente de que el compositor quería adaptarse a la necesidad y a la veracidad del drama, sin tener en cuenta la tradición.
Los críticos y el público del estreno florentino quedaron desconcertados al echar en falta un papel conductor de tenor y un conflicto amoroso. “Un’opera senza amore” era una de las rarezas mas grandes en la ópera italiana de aquel tiempo. Verdi se había vuelto a saltar lo establecido eligiendo como eje central de su creación un drama de conciencia y de psicología del poder, en lugar de un drama amoroso.
El personaje de Macbeth- sus dudas, miedos, ambición, culpa y remordimientos- está admirablemente descrito. El monólogo que precede al asesinato del rey Duncan (“Mi si affaccia un pugnal?”) es un recitativo acompañado con amplios intercalados de ariosos pero no es un recitativo tradicional, primero por su extensión y luego por la sensibilidad con la que las fórmulas musicales adheridas al texto reflejan las mas pequeñas emociones, todos los pensamientos y la complejidad de los matices sentimentales. En el gran dúo posterior con la Lady, se revelan las diferentes reacciones de carácter en Macbeth (miedo en: “Io colà?... non posso entrar!” y remordimiento en varios momentos y en especial: “Non potrebbe l’oceano / queste mani a me lavar!”). Sin embargo La Lady, dándose cuenta de la poca seguridad de su marido y muy consciente de su mayor fortaleza, le desprecia: “Fanciul vanitoso, Caudore, tu se’" y se hace coautora del asesinato, en ”Dammi il ferro” para involucrar a la guardia personal del rey muerto.
En el personaje de la Lady no queda claro su papel de inductora del crimen de Duncan (en la fuente literaria sí) pero es ambiciosa, dominante, decidida y conocedora de sus crímenes: en suma, una mujer malvada que sólo muestra arrepentimiento en la escena del sonambulismo. El aria “La luce langue” incrementa la importancia de su rol quedando a la misma altura del papel protagonista. En la recreación del sonambulismo, Verdi pensó que no podía ser ni un aria al uso ni un desenfrenado recitativo. Así el compositor eligió un amplio arioso incluido en un marco formal casi simétrico. Un preludio y un posludio orquestal extensos dirigen la atención del público al significado de la escena con una melodía característica que ocupa también un importante lugar en la obertura y que podría interpretarse simbólicamente como de culpa y expiación.
La cuadrilla de las tres brujas forman parte del plano fantástico de la obra en coro femenino y Verdi las consideraba como el “tercer protagonista”. Su parte musical recrea una particular mezcla de tonos con grotescos y agudos timbres de voz. En su ópera, Verdi no creía en estas criaturas como seres malvados sino más bien espíritus rudimentarios cuyo mundo no sabe de sentimientos. Entre sí son juguetonas y alegres pero no dirigen la acción. Sólo dicen lo que traerá el futuro aunque para ellas los conceptos de pasado, presente y futuro no existen: viven en un tiempo eterno, sin principio ni final, y por eso lo saben todo.
El pueblo no tiene un papel principal en el drama del vate inglés pero Verdi quería en 1847 aprovechar el tirón del Risorgimento e incorporar a la obra alguna escena coral. Puede decirse que la más famosa es “Patria oppressa!": en su primera versión se aproxima mucho a los coros patrios de aquella época pero fue revisada en la de París y el sentimiento y la música se acomodan mucho mejor a la tragedia. Existe también otro coro que tiene como participantes a Malcolm y Macduff : “La patria tradita” con ardorosos versos patrióticos de Maffei quien, curiosamente, no era un hombre especialmente contrario a la dominación austriaca. Este coro con cabaleta se mantuvo en las dos versiones. Pese a todo lo expuesto y a pesar de ser evidentes los progresos del compositor, con mucha frecuencia Verdi volvería atrás sus pasos en óperas posteriores para luego seguir avanzando y retroceder otra vez: en esta habilidad reside, de algún modo, su grandeza.
ANTECEDENTES DE SU COMPOSICIÓN:
Durante su estancia en Venecia por el estreno de Attila, Verdi tuvo una recaída en los males crónicos que le aquejaban (recordemos: debilidad en el aparato respiratorio, dolores gástricos y fuertes jaquecas). Como lo pasó tan mal, acudió a la consulta del doctor Gaspare Belcredi, quien le prescribió seis meses de absoluto reposo, consejo que el músico tomó muy en serio. Esta es la razón por la que transcurriera todo un año (del 17 de Marzo de 1846- estreno de Attila, hasta el 14 de Marzo de 1847- estreno de Macbeth), es decir 362 días sin que los teatros italianos conocieran alguna nueva ópera del maestro. Se recalca este hecho por ser extremadamente significativo en pleno período de galeras, si lo comparamos con los 104 días que distan a Giovanna D’Arco de I due Foscari, los 178 días de Alzira, o los 217 de Attila. Siendo Macbeth, con mucha diferencia, la mejor de sus obras entre Ernani y Rigoletto, algunos autores argumentan que “este forzado oasis dentro del desierto de los años de galeras es la causa de la creación de esta obra mayor”. Puede, pero no parece razón suficiente.
En la carta del 23 de Marzo de 1846 que Emmanuele Muzio (uno de los pocos amigos de Verdi, que actuaba además como su secretario y criado para todo) escribía a Antonio Barezzi (el “eterno” suegro), trazaba un retrato de que Verdi “había adelgazado mucho y se le veía agotado por la fiebre gástrica que arruinó su estancia en Venecia, dejando huellas tanto en su estado físico como mental”. Verdi decidió pasar este periodo de inactividad en Milán, en lugar de en Busseto, Los tres primeros meses los pasó en la ciudad: se levantaba tarde, luego daba largos paseos a pie por las calles milanesas y como tenía amigos ricos que le dejaban carroza y cochero, también atravesaba la campiña lombarda hasta Monza, Como o Treviglio. En julio fue a Recoaro Terme para tomar baños termales recomendados por su médico y en compañía de Andrea Maffei (entonces ya ex esposo de la condesa Clarina Maffei- con disgusto de Verdi que sintió mucho esta separación). Allí se aburrió, como lo demuestra una carta enviada a Emilia Morosini (dama de la sociedad milanesa):”No organizan nada. Ninguna actividad social a la noche, hay que ir a dormir después de cenar [...] Damos grandes paseos a lomo de burro con el guía que me asignó Carolina. Todavía no entendí qué efecto pueden hacerme las aguas termales. Creo que es una especie de “polvo de Perlimpimpin” que no hace ni bien ni mal. Por lo menos no me ocasiona ningún inconveniente: esperemos que pueda ver su beneficio más tarde”.
Y lo vio, pues cuando regresó a su estancia de Milán a finales de julio, estaba mucho mas animado y esa cura termal había conseguido ponerle en forma. Le sirvió además para interrogarse sobre la dirección que convenía darle a su carrera y en sus largas conversaciones con Maffei, se le ocurrió la idea de basar el tema de su siguiente ópera en alguna obra de Shapespeare, cayendo la elección en Macbeth. En carta del 2 de agosto de 1846 a Vincenzo Flauto, empresario del teatro San Carlo, Verdi decía: “Me siento perfectamente bien. Ignoro qué sensación puede producir esta novedad entre mis enemigos”. El fervor y el entusiasmo que parecían haberle abandonado hacía por lo menos dos años, habían retornado, y ahora era él (cosa rara en Verdi) quien presionaba al empresario Lanari para montar en Florencia un espectáculo de “cierta importancia”. De ninguna manera quería que la obra cuya música se disponía a componer, fuera estrenada en La Scala, por sus malas relaciones con Merelli.
No obstante, la elección de Macbeth no fue definitiva hasta comienzos del otoño, cuando el maestro tuvo la seguridad de la participación del barítono Felice Varessi, “el único artista que puede cantar el papel que tengo en mi cabeza, por su capacidad vocal, su sensibilidad, e, incluso, su apariencia física”, escribió Verdi al empresario. Pero faltaba quizá lo más difícil: convencer a Lanari y no fue nada sencillo: Verdi tuvo que poner en juego toda su influencia y toda su pasión por esta aventura, pues así la consideraba el empresario florentino. Verdi persuadió también a Piave para que viajara a Milán y comenzara sin tardanza la composición del libreto. Le argumentaba que “esa tragedia es una de las mayores creaciones humanas”. El bueno de Piave trató de influir en Lanari diciéndole que: “no podía permanecer ajeno a un movimiento que estaba destinado a abrir nuevos caminos a los maestros presentes y futuros”.
Nunca fue Verdi tan exigente con sus colaboradores. A Piave le dijo que “estaba en presencia de una de las obras maestras más importantes de la historia teatral”. Le ordenó redactar un libreto sintético y con versos concisos: “Te suplico que no desatiendas este Macbeth, te lo suplico de rodillas”. Y también “Métete esto en la cabeza: pocas palabras…..pocas palabras…..pocas palabras, pero significativas. Repito: pocas palabras”. En el otoño de 1846, Verdi trabajó en la que sería su siguiente ópera (I Masnadieri) pero en diciembre abandonó la tarea pues no le entusiasmaba, para dedicarse enteramente a Macbeth. Los textos que le entregaba Piave no le satisfacían, le parecía que el veneciano trabajaba demasiado lento y no llegaba a transmitir en verso el dramatismo del autor inglés. Según decía Muzio, también el propio Verdi componía a un ritmo relativamente lento pero aún así, muchas veces tenía que escribir la música de una escena sobre un simple boceto, antes de tener frente a sus ojos el texto de Piave. Y cuando finalmente a principios de Enero de 1847, tuvo en sus manos la última parte del libreto, le pareció que no era digno del proyecto que había concebido y le pidió a Maffei que lo ayudara en su revisión.
En la carta que Verdi envió a Piave para comunicárselo, no quiso andarse por las ramas: “¡Claro! No tienes culpa alguna, salvo que, increíblemente, escribiste esos dos últimos actos de cualquier manera. Pero, por suerte, San Andrea (se refiere a Maffei) nos ayudó, a ti y a mi, y a mi más todavía que a ti, porque, para hablarte francamente, yo no habría podido componer la música con esos textos. Como ves, me habría encontrado e un verdadero aprieto. Ahora todo se arregló, puesto que hemos cambiado casi todo”. A pesar de esta “bella” carta y de su retirada del proyecto, el bueno de Piave no se dio por aludido y continuó la relación de amistad. El tal “San Andrea” parece que sólo modificó el papel de las brujas y el coro de los exiliados escoceses que enardeció los sentimientos patrios con su texto: “La patria traicionada, llorando nos llama”.
El 28 de enero de 1847, Muzio comunicó triunfalmente a Barezzi que “el maestro había terminado su ópera y que sólo faltaba escribir la orquestación”. A mediados de febrero, Verdi emprendió camino a Florencia en compañía de su querido Muzio. Rechazó la oferta de Lanari de instalarse en su casa y ubicó su cuartel general en el Hotel Suizo, ocupando con su secretario “un magnífico apartamento, un verdadero pequeño paraíso donde nos alimentan como si fuéramos reyes”, en carta a Barezzi del ingenuo Muzio. Luego se les unieron Maffei, Barezzi y su hijo, y más tarde, la Strepponi llegada expresamente de París.
Pasó un mes entre los ensayos, la puesta a punto de la escenografía y los últimos retoques al texto, a las partituras musicales y a la orquestación. Verdi exigía tres o cuatro ensayos por día. Con el empresario Lanari se mostró exigente e imperativo como lo había sido con Piave, instándole a no economizar en la cantidad y la calidad de los coristas, ni en el empleo de una maquinaria sofisticada (linterna mágica), capaz de responder al interés que tenía el maestro por representar algunas secuencias en un plano fantástico. No descuidó ningún detalle escénico, ya fuera decorados, vestuario, cantantes, maquillaje, actuaciones y por supuesto el modo de cantar. A todo el mundo le impuso sus consignas. Siguiendo su costumbre, antes del estreno tuvieron lugar unas representaciones de Attila para compaginar obra nueva con antigua: fueron un éxito y Muzzio (que era también compositor y director de orquesta) se ocupó de todos los detalles.
A Verdi le habría gustado que su lady Macbeth la cantara Sofía Loewe pero estaba embarazada y empezaba a perder voz. Lanari decidió contratar a Marianna Barbieri-Nini, una soprano de gran talento pero menos famosa. Era bastante fea: la Strepponi había dicho una vez de la artista “Si ella encontró marido, nadie debe desesperar de encontrar uno”. El barítono Varessi, la soprano protagonista, los coristas, los músicos de la orquesta y el director concertador (Pietro Romani), conservarían durante mucho tiempo un recuerdo terrible de los ensayos dirigidos con “mano de hierro” por el compositor.
Y esto era debido a que Verdi temía la reacción del público florentino pues este no tenía nada de indulgente. Macbeth se estrenó el 14 de marzo de 1847 en el teatro La Pérgola de Florencia (la partitura la dedicó a su suegro) y fue un triunfo. Así lo relató, un demasiado orgulloso Antonio Barezzi en una entusiasta carta a los miembros de su familia: “Anoche tuvo lugar la gran representación de Macbeth, que, como siempre, tuvo un enorme éxito. Fue obligado a saludar treinta y ocho veces en el transcurso de la representación […..] Cuando Verdi y yo salimos del teatro, fuimos rodeados por una inmensa multitud que nos acompañó con aclamaciones hasta nuestro hotel, que se encuentra a más de una milla del teatro. Verdi tuvo que detenerse varias veces para agradecer a la multitud florentina, compuesta por la más bella juventud. Olvidaba decirles que la primera noche hubo muchísimo público. Abrieron el teatro a las cuatro, y algunos minutos mas tarde estaba lleno. [….] La ópera empezó a las ocho en punto, la obertura fue inmediatamente aplaudida y llamaron a escena al maestro. Luego, el coro de las brujas debió repetirse, y otra vez llamaron frenéticamente al maestro a escena. También se repitió el dúo entre Barbieri y Varessi, así como otros dos coros. Verdi fue llamado veintisiete veces a escena durante la ópera”.
La crítica se mostró en general, menos eufórica que los espectadores. Algunos le criticaban a Verdi que no hubiera renunciado a los efectos fáciles y las piezas de bravura características. Los puristas le reprochaban el hecho de dar preeminencia a la melodía y a los estribillos, de halagar el gusto del público y de no haber roto con la “vulgaridad” de sus primeras óperas. Les pareció que Verdi no se había elevado a la altura del dramaturgo inglés.
ANTECEDENTES DE LA REVISIÓN DE 1865:
Después del estreno en San Petersburgo a finales de 1862 de La forza del destino, Verdi no compuso ninguna ópera nueva hasta el primer trimestre de 1867 con la versión francesa de Don Carlos. Los años de producción intensa habían acabado y ahora disfrutaba en la cincuentena de su posición de rico hacendado al lado de su ya esposa legal Giuseppina, viviendo en la casa de Sant’Agata, pasando los inviernos en Génova y con algunas escapadas a París donde el matrimonio se sentía a gusto, mas que nada por su mayor anonimato. Pero Verdi siempre tenía cosas que hacer como por ejemplo: controlar-organizar-dirigir muy próximo sus productivas tierras de labranza y animales de granja, acudir al parlamento de Turín- pues fue nombrado diputado en la primera unificación italiana de 1861 (no estaban integradas todavía ni Roma ni Venecia), mantener sus “líos” con la famosa “scapigliatura” (movimiento literario-musical de tendencia germanófila- uno de sus representantes fue Arrigo Boito), poner a raya a sus vecinos de Busseto pues a pesar de ser su delegado político mantenía con ellos una relación de amor-odio y finalmente, llevar muy de cerca todos los asuntos referidos a derechos de autor por si un atrevido empresario reponía alguna de sus obras sin pagárselos.
Pero es evidente que a pesar de estas actividades, Verdi seguía manteniendo contactos con el mundo lírico y el social, recibiendo propuestas para asistir a estrenos, participar en conmemoraciones y aceptar honores. Entre estos últimos, en el verano de 1864, le hizo especial ilusión entrar a formar parte de la Academia de Bellas Artes de Francia- por 23 votos a favor sobre 37- ocupando el sillón de Meyerbeer que había fallecido en mayo. Pero no siempre reaccionaba así pues tenía mucha tendencia a rechazar en bloque todo lo que le parecía inútil o contrario a su concepción del arte musical. En carta de Verdi a Clarina Maffei decía: “Estoy aquí con usted, con una amiga, y respiro. Sepa que durante varios días estuve enredado con municipalidades, congresos, monumentos, diputaciones, sociedades de música de cámara, himnos para sacerdotes, monjes, santos arcángeles, etc. Si hubiera aceptado, podía haber escrito este año seis himnos. ¡Seis himnos! Preferiría escribir doce óperas. Porque esa clase de música no es música: es la negación del arte y tiene tanto que ver con el arte como yo con la teología. Por supuesto, rechacé todo”.
La Academia de Bellas Artes demostraba el interés que tenía Francia por la obra y la personalidad del compositor italiano. Parece que le habían perdonado su arranque de ira al dejar plantados los ensayos de Les vêpres sicilienes sin volver a aparecer más por allí. Al Teatro de la Ópera de París, Verdi lo calificaba como “gran almacén” con una estructura excesivamente burocrática y unas exigencias formales que ralentizaban en demasía las cosas. El Teatro de los Italianos, también de París, anhelaba que Verdi permitiera poner en escena alguna de sus obras pero el maestro se había quejado en muchas ocasiones de la deshonestidad de su empresario (Prospero Bagier). Sin embargo, con el Teatro Lírico Imperial, también de aquella plaza y que dirigía Leon Carvalho, sus relaciones eran de naturaleza completamente distinta. Carvalho había comprendido que, para montar en las mejores condiciones obras de repertorio extranjero, era preciso tener buenas relaciones con sus autores. Por eso, cuando la apuesta valía la pena, no les aplicaba la legislación francesa en materia de derechos, pagándoles los royaltis de forma directa. Esto ya había sucedido con Rigoletto en 1863 y la operación se repitió con La Traviata (rebautizada como Violetta en Francia).
Por todo lo anterior, Escudier- su editor en la capital francesa- propuso a Verdi poner en escena una versión reformada del Macbeth con lo que Carvalho se puso muy contento al aceptar Verdi el encargo y comprometerse a entregar la partitura a principios de 1865. Se encomendó al paciente Piave, ahora instalado en Milán, la reelaboración del texto en italiano, siendo Louis Étienne Nuitter y Alexandre Beaumont los encargados de traducir sus versos al francés. Verdi enviaba regularmente borradores en prosa y verso al veneciano y éste los reformaba, a menudo varias veces, porque Verdi seguía manifestando las mismas exigencias que en el pasado: concisión, pulido de versos y eliminación de lugares comunes. Entretanto Verdi había comenzado a trabajar en la partitura pero las cosas no avanzaban tan rápido como él esperaba. Le costaba retomar el hilo después de tantos años. Él era capaz de dar lo mejor de sí mismo al primer encuentro y podía modificar con facilidad tal o cual detalle pero para igualar lo que le había dictado el primer impulso de su inspiración, tenía que hacer verdaderos esfuerzos.
Tuvo que poner todo su afán y en enero de 1865 la mayor parte del trabajo estaba listo. Hizo considerables transformaciones: modificó o suprimió escenas enteras, reescribió totalmente el tercer acto y amplió el ballet. En cartas a Escudier le pedía seguir de cerca la versión francesa y le daba instrucciones sobre determinados puntos de la puesta en escena, porque, en contra de la esperanza de Giuseppina, Verdi decidió no desplazarse a París, dejando a Escudier y Carvalho los arreglos de última hora y la responsabilidad del éxito o fracaso de la obra. La ópera se estrenó el 21 de abril de 1865. La acogida fue bastante buena en las tres o cuatro primeras funciones pero luego, el interés del público decayó y hubo que retirar la ópera de cartel después de quince representaciones. Las reacciones de la crítica parisina no fueron ajenas a esta tibia recepción que fue desbordante con Rigoletto y La Traviata, estrenadas más recientemente pues la versión francesa de Il Trovatore fue en 1857. Le reprochaban a Verdi “no conocer a Shakespeare”: una crítica que él tomó bastante mal porque en su primera juventud había leído, releído y meditado la obra del dramaturgo isabelino. Además el cabreo fue doble pues le llegó al mismo tiempo la noticia del gran éxito que había obtenido en Génova el Amleto de Faccio y Boito (pertenecientes a la “scapigliatura”) y la crítica que de ella hizo Filippo Filippi que decía (no hace falta comentar que este crítico “estimaba mucho” a Verdi): “desde hace cuarenta años, Italia no había visto una ópera tan completa, una obra tan moderna y refinada (se refería, por si hay dudas, al Amleto)”.
El estreno en italiano de esta versión de Macbeth en el Teatro alla Scala, aún tardaría en producirse (28 de enero de 1874) y es esta la versión que se ha impuesto en los escenarios como definitiva, sin ballet y con algunos añadidos de la versión florentina impuestos por la costumbre (muerte de Macbeth: Mal per me che m’affidai- Mal para mi que me fíe). Recientemente el festival de Martina Franca de 1997 recuperó la versión original florentina. Según Fernando Fraga: “En la versión primeriza ya está captada la esencia del drama pero con la de 1865 esta aproximación es potenciada y redondeada” y también “…en la versión original conviven formas y recursos expresivos de la mas trillada convencionalidad, como si al compositor le costase desprenderse de un bagaje personal, popular y efectivo pero ya caduco”. Aún siendo todavía esta ópera belcantista, la mano del compositor ya madurado en su arte, se nota mucho. Curiosamente, esta es una de las óperas que entró muy pronto en la injusta lista del olvido aunque en nuestros tiempos se la estima, como los buenos vinos, cada vez más.
Vamos a intentar censar los cambios musicales realizados por Verdi en esta nueva versión:
1.- Existen pequeños cambios sólo referidos a texto como en el caso de la cabaleta de la Lady en el primer acto: (“furie infernale” se convierte en “ministri infernali”.
2.- La cabaleta del segundo acto “Trionfai, securi alfine” es sustituida por el aria “La luce langue”.
3.- La Lady aparece también en el tercer acto: MacBeth decide exterminar a MacDuff y ambos tienen un duetto (“Ora di morte e di vendetta”) que sustituye a la cabaleta de MacBeth, en solitario, de la versión original (”Vada in fiamme e in polve cada”).
4.- En el tercer acto, para adecuarse a los gustos franceses, se incluye un ballet (normalmente se suprime).
5.- Se modifica el coro del cuarto acto, que queda como “Patria oppresa”
6.- La muerte de MacBeth que debía cantar con voz débil “Mal per me che m’affidai”, es sustituida por un adagio orquestal. En la práctica actual siempre se mantiene.
Lo que resulta de verdad curioso es el hecho de que Verdi respetara totalmente algunas páginas que tantos críticos, incluso hoy, consideran triviales o vulgares como por ejemplo: los coros de las brujas o la marcha que acompaña al rey Duncan. Son pasajes cuyo retoque le hubiera exigido muy poco esfuerzo y sin embargo los respetó.
MACBETH: VERDI VS. SHAKESPEARE:
Creemos que en este tema existen, al menos, dos aspectos a tener en cuenta: uno es el argumento y el otro el carácter del protagonista. Respecto al argumento, ejerciendo la comparativa entre el libreto de la ópera y la obra original (AQUÍ), la conclusión es que no difieren demasiado (todo o casi todo lo que está en el original, lo recogen Piave-Verdi en el texto).
Otra cosa es la psicología del protagonista y la densidad del drama. Para hacernos una idea de la discrepancia, que sí parece existir, entresaco algunas frases de un artículo que ha caído en mis manos, firmado por Frank J. Warnke y titulado “MacBeth degradado”: “Nos enfrentamos con un protagonista cuya caída viene causada no por debilidad o por un desdichado juicio, sino por una serie de crímenes sangrientos que van desde el regicidio hasta el infanticidio. Pero en el original esta orgía de sangre a gran escala le es impuesta al hombre y a su mundo no por unos toscos principios de absoluta maldad dentro de él, sino por una fatal incapacidad que hace que, incluso sus más profundas virtudes, se conviertan en fuente de maldad. El defecto de ambición de Macbeth y su profundo amor por su mujer, surgen de su afán de poder y su trayectoria de maldad está iluminada en todo momento por un conocimiento moral. Lo que hace trágico al Macbeth inglés es que él tiene un alma que destruir”. Completaremos este escrito con otro, mas rotundo, encontrado por la red sin que os sepa decir su autoría (se titula “No exactamente Shakespeare”): “El respeto de Verdi por Shakespeare no evitó que pusiera en Macbeth lo que quería ver. Verdi transformó muchos aspectos del drama, incluyendo el personaje principal. El Macbeth de Shakespeare es fundamentalmente un hombre bueno. Es un guerrero leal, amado por su rey y respetado por sus amigos. Su batalla interna, contra las tentaciones de las brujas y contra su esposa, es el corazón de la trama. El Macbeth de Verdi, en contraste, está podrido de pies a cabeza: un hombre malo con una mujer aún peor. La falta de un conflicto interno cambia el significado del drama. Cuando vemos al Macbeth de Shakespeare, vemos un buen hombre tornándose en un monstruo. Cuando vemos el Macbeth de Verdi, somos testigos de un monstruo destrozando un país”.
Discografía:
Director: Cantantes: Coro: Orquesta: Casa: CD: Año: | Víctor de Sabata María Callas, Gino Penno, Enzo Mascherini, Italo Tajo. Teatro Alla Scala de Milán Teatro Alla Scala de Milán HUNT (427-1) 2CD ADD (grabación en vivo) 1952 |
Director: Cantantes: Coro: Orquesta: Casa: CD: Año: | Claudio Abbado Piero Cappuccilli, Shirley Verrett, Plácido Domingo, Nicolai Ghiaurov. Teatro Alla Scala de Milán Teatro Alla Scala de Milán DG (415688-2) 3 ADD 1976 |
Director: Cantantes: Coro: Orquesta: Casa: CD: Año: | Riccardo Chally Leo Nucci, Shirley Verrett, V Lucchetti, Samuel Ramey. Teatro Comunale de Bolonia Teatro Comunale de Bolonia DECCA 3CD DDD 1986 |
11 febrero 2011
FEBRERO 2011: ALDO HEO
By Tutto Opera Team
De nuevo agradecer a todos los que nos siguen enviando C.V y material para este proyecto, y aprovechamos la ocasión para informar de que prolongaremos el proyecto como mínimo durante un año.
Este mes hemos elegido al barítono Aldo Heo. A continuación presentaremos una pequeña biografía, repertoire, algunas fotos. También incluiremos su página web y su nuevo club de Fan en Facebook. Recordar a todos aquellos que deseen enviarnos información para nuestro proyecto Joven Cantante del mes, pueden hacerlo a nuestro email (tuttopera@gmail.com)
Versión en Inglés
Nacido en Seoul – Corea del Sud- estudia en La Universidad Nacional de las Artes de Corea, bajo la tutoría de Hee-Joon Yang. Aldo Heo recibió la orden del mérito de la Universidad después de cuatro años de estudio y se gradúa en Bachillerato Musical en 2005.
Aldo Heo ha participado en numerosos concursos internacionales. En 2004 ganó el primer premio en cuatro competiciones diferentes en Corea, Concurso nacional de música de Sungjeon, Concurso Hanseo, Concurso Youngok Shin y Concurso para jóvenes cantantes KBS Seoul (Medalla de Oro). En 2006 es finalista del Concurso Internacional de Canto Manuel Ausensi en Barcelona (5º premio) y 3r premio en el Concurso Internacional de Canto de Logroño. En 2007 ganó el 2º premio, el premio al mejor cantante Verdiano y el mejor cantante de Zarzuela en el Concurso Fundación Guerrero organizado por el Teatro de la Zarzuela de Madrid. También en el 2007 ganó el premio del público en el Concurso Internacional de canto Francesc Viñas de Barcelona. En 2008 ganó el primer premio en el Concurso de canto Ciutat de Lleida y en 2009 el 1er permio en el Concurso Internacional de Canto de Logroño. Ganador del Concurso de canto de Ercolano (Italia), Riva del Garda. Ha sido invitado para formar parte de las masterclass y el concierto final organizado por Montserrat Caballé en el marco del Concurso Internacional de Canto Montserrat Caballé. En Septiembre de 2001 realiza su debut con Le Nozze di Figaro en el role del Conte. También ha cantado los roles de Così fan tutte (Guilielmo), Il Barbiere di Siviglia (Figaro), L'Elisir D'amore (Belcore), Lucia di Lammermoor (Enrico), Don Pasquale (Malatesta), La Traviata (Germont), Cantata BWV80 – Bach (Solista) con la KBS Symphony Orchestra (National broadcast), Carmen (Escamillo/Morales), La Bohème (Marcello) en el Teatro Filarmonico de Verona, I Pagliacci (Silvio/Tonio), Cavalleria Rusticana (Alfio). Ha realizado numerosos conciertos en España y en el extranjero.
Actualmente se encuentra realizando el “Curso Perfeccionamiento Plácido Domingo – Palau de les Arts”, donde ha debutado el role de Taddeo de L’Italiana in Algeri y seguidamente el de Haly, también de L’Italiana bajo la batuta del Maestro Zedda.
Para más información podéis visitar su página web ALDO HEO o visitar su Fan Page en Facebook. Aldo Heo Fan Page
De nuevo agradecer a todos los que nos siguen enviando C.V y material para este proyecto, y aprovechamos la ocasión para informar de que prolongaremos el proyecto como mínimo durante un año.
Este mes hemos elegido al barítono Aldo Heo. A continuación presentaremos una pequeña biografía, repertoire, algunas fotos. También incluiremos su página web y su nuevo club de Fan en Facebook. Recordar a todos aquellos que deseen enviarnos información para nuestro proyecto Joven Cantante del mes, pueden hacerlo a nuestro email (tuttopera@gmail.com)
Versión en Inglés
Nacido en Seoul – Corea del Sud- estudia en La Universidad Nacional de las Artes de Corea, bajo la tutoría de Hee-Joon Yang. Aldo Heo recibió la orden del mérito de la Universidad después de cuatro años de estudio y se gradúa en Bachillerato Musical en 2005.
Aldo Heo ha participado en numerosos concursos internacionales. En 2004 ganó el primer premio en cuatro competiciones diferentes en Corea, Concurso nacional de música de Sungjeon, Concurso Hanseo, Concurso Youngok Shin y Concurso para jóvenes cantantes KBS Seoul (Medalla de Oro). En 2006 es finalista del Concurso Internacional de Canto Manuel Ausensi en Barcelona (5º premio) y 3r premio en el Concurso Internacional de Canto de Logroño. En 2007 ganó el 2º premio, el premio al mejor cantante Verdiano y el mejor cantante de Zarzuela en el Concurso Fundación Guerrero organizado por el Teatro de la Zarzuela de Madrid. También en el 2007 ganó el premio del público en el Concurso Internacional de canto Francesc Viñas de Barcelona. En 2008 ganó el primer premio en el Concurso de canto Ciutat de Lleida y en 2009 el 1er permio en el Concurso Internacional de Canto de Logroño. Ganador del Concurso de canto de Ercolano (Italia), Riva del Garda. Ha sido invitado para formar parte de las masterclass y el concierto final organizado por Montserrat Caballé en el marco del Concurso Internacional de Canto Montserrat Caballé. En Septiembre de 2001 realiza su debut con Le Nozze di Figaro en el role del Conte. También ha cantado los roles de Così fan tutte (Guilielmo), Il Barbiere di Siviglia (Figaro), L'Elisir D'amore (Belcore), Lucia di Lammermoor (Enrico), Don Pasquale (Malatesta), La Traviata (Germont), Cantata BWV80 – Bach (Solista) con la KBS Symphony Orchestra (National broadcast), Carmen (Escamillo/Morales), La Bohème (Marcello) en el Teatro Filarmonico de Verona, I Pagliacci (Silvio/Tonio), Cavalleria Rusticana (Alfio). Ha realizado numerosos conciertos en España y en el extranjero.
Actualmente se encuentra realizando el “Curso Perfeccionamiento Plácido Domingo – Palau de les Arts”, donde ha debutado el role de Taddeo de L’Italiana in Algeri y seguidamente el de Haly, también de L’Italiana bajo la batuta del Maestro Zedda.
Para más información podéis visitar su página web ALDO HEO o visitar su Fan Page en Facebook. Aldo Heo Fan Page
16 enero 2011
TUTTO VERDI: Attila
By Tutto Opera Team
Attila es una ópera en tres actos con música de Giuseppe Verdi y libreto de Temistocle Solera, basado en la pieza teatral Attila, König der Hunnen de Zacharias Werner. Fue estrenada el 17 de marzo de 1846 en el Teatro La Fenice de Venecia.
Personajes:
Attila (Attila, rey de los hunos), bajo.
Aecio (Ezio, general romano), barítono.
Odabella (hija del señor de Aquilea, prometida de Foresto), soprano.
Foresto (caballero de Aquilea), tenor.
Uldino (joven bretón esclavo de Attila), tenor.
León (Leone, viejo romano, papa León I), bajo.
La acción tiene lugar en Aquileya y en las lagunas adriáticas (Prólogo) y luego cerca de Roma (actos I al III), a mediados del siglo V.
PRÓLOGO (Escena primera): Entre las ruinas de Aquileia, los hunos y los ostrogodos, aliados suyos, están celebrando la victoria, con proclamas al dios Odin y a su jefe Atila. Contrariamente a sus órdenes, el esclavo Uldino, apoyándose en el afecto que Atila le profesa, se ha permitido salvar a un grupo de mujeres que había luchado contra el invasor. Entre ellas está Odabella, hija del soberano de Aquileia muerto en combate. Cuando Atila pregunta a Odabella qué hace armada allí, ella responde que las mujeres itálicas siempre están dispuestas para defender a su patria. Admirado por su valor, Atila le ofrece obsequiarle lo que ella solicite. Odabella no vacila en pedir una espada, con la oculta intención de matar a Atila en cuando ella pueda. Se van Odabella y las otras mujeres salvadas y Atila recibe al enviado de Roma. Es Ezio, general que en otras ocasiones había derrotado a Atila. En privado, Ezio expone a Atila su lucha por defender el trono gobernado por Valentiano III, un muchacho indolente e inexperto. Ezio propone que sería mejor que Atila se quedara con todo el mundo y dejara en sus manos el dominio de Italia. El bárbaro no acepta, con lo cual Ezio tendrá que continuar defendiendo Italia como enviado del Emperador.
PRÓLOGO (Escena segunda): Embarcadero frente a la laguna adriática (donde más tarde se alzará Venecia). Es la madrugada y una tempestad está disipándose. Un grupo de ermitaños está rezando ante un altar de piedra. Llegan barcas de refugiados de Aquileia dirigidos por Foresto, un valeroso luchador y enamorado amante de Odabella, de quien está preocupado por no saber su paradero. Sale el sol, que todos toman como buen augurio y Foresto, dirigiéndose a los refugiados, los anima a fundar una ciudad en aquel lugar que se alce como un ave fénix.
ACTO I: Escena primera: En el camino que conduce a Roma, no lejos de la ciudad, donde Atila ha montado su campamento previo al asalto. Odabella, que ha viajado con Atila, recuerda a su padre y a Foresto. De pronto aparece éste ante Odabella, pero cuando ella quiere abrazarlo, Foresto la rechaza, increpándola por sonreír al asesino de su padre y convivir con él mientras él, su amado, se juega la vida por encontrarla. Odabella le recuerda la historia bíblica de Judith, quien en similares circunstancias salvó a Israel. Foresto comprende su error y pide perdón, para luego abrazar tiernamente a Odabella.
ACTO I: Escena Segunda: En su tienda, Atila ha tenido una pesadilla: en su avance hacia Roma un anciano le ha impedido el paso con un poder invencible. Para superar el temor que le infunde esta visión, Atila llama a sus huestes y ordena avanzar sobre Roma. Pero se oyen los himnos de doncellas y niños romanos y ante la comitiva aparece el mismo anciano del sueño de Atila. Es el obispo de Roma, que impide el avance de las tropas invasoras con un gesto imperioso. Atila se postra en el suelo frente la figura de Dios, provocando el comentario de todos por el extraño cambio sufrido por el temible bárbaro ante el poder divino
ACTO II: Escena Primera: En el campamento romano, Ezio lee una carta del emperador en la que impone una tregua con los hunos y le ordena regresar a Roma. Ezio se siente molesto por el hecho de que un joven emperador le de órdenes. Llega un grupo de hunos para invitar a Ezio a un banquete con Atila. Éstos se van, pero uno de ellos se queda. Es Foresto, disfrazado, quien no importándole morir luchando por Roma, pide a Ezio que dirija un alzamiento contra Atila.
ACTO II: Escena segunda: Se celebra el banquete en la tienda de Atila. Se anuncia la llegada del enviado romano y Atila lo recibe con honores.
Un grupo de druidas asegura que el dios Odín no quiere que Atila se siente a la mesa con sus enemigos. Atila no hace caso, pero durante la comida hay una tempestad que deja la tienda en penumbras. Foresto ha aprovechado la confusión para echar vino envenenado en la copa destinada a Atila. Esto indigna a Odabella, porque quiere ser ella misma quien mate al tirano. Mientras tanto se han vuelto a encender las antorchas y Atila está a punto de brindar por su dios cuando Odabella detiene el brindis y le advierte el peligro que contiene la bebida.
Furioso, Atila exige saber quien es el responsable. Foresto se adelanta y Atila quiete matarlo, pero Odabella pide que le entreguen a Foresto como esclavo, como premio por haber salvado a Atila. Este accede, pero anuncia otro premio para Odabella: será su esposa y reina. Odabella ordena a Foresto que huya, cosa que éste hace no sin maldecir antes la aparente traición de su amada. Los hunos reunidos exigen a su jefe que prosiga su interrumpido avance contra los romanos.
ACTO III: En un bosque Foresto espera oculto tener noticias de la anunciada boda de Atila con Odabella, a quien sigue considerando una traidora.
Se oyen los cánticos nupciales a distancia y aparece Odabella, disputando con el fantasma de su padre el derecho a casarse con Atila. Foresto se da a conocer y le dice que es demasiado tarde para arrepentirse de ello, pero Odabella le jura que nunca ha dejado de amarlo. Llega Ezio y poco después Atila, quien encontrándolos reunidos los acusa a todos de traidores. Soldados romanos, instruidos por Ezio y Foresto se precipitan sobre Atila para darle muerte, pero Odabella se les adelanta y, tomando la espada que el invasor le había regalado, la empuña y la entierra en el corazón de Atila.
Libreto:Italiano-Español
Partitura: PDF-Vocal Score
ATTILA EN LA HISTORIA
UN RETORNO AL PASADO Y ALGO MÁS:
Para introducir “Attila” y otras óperas tempranas de Verdi, y para comprender su significado en unos momentos cruciales de la historia de Italia, cobran plena validez las palabras de Jacopo Capón: “Verdi comenzó a instigar una acción patriótica con su música. Los extranjeros nunca podrán comprender la influencia que durante un cierto período ejercieron las ardientes melodías que Verdi concebía, cuando situaciones, o incluso versos aislados evocaban la desgraciada condición en que se hallaba el pueblo italiano, sus recuerdos y sus esperanzas. El público veía alusiones por doquier, pero Giuseppe Verdi las visualizaba antes, adaptándolas a su inspirada música, lo que a menudo terminaba provocando una verdadera revolución en los teatros”.
Estos juicios se complementan con los de Luigi Dallapicola, quien al respecto señala: “El fenómeno Verdi es inconcebible sin asociarlo al movimiento del Risorgimento Italiano. No importa que Verdi haya desempeñado en él un papel importante o no. Lo que interesa es que absorbió su atmósfera y su tono, y formuló, tanto en palabras como en música, un estilo a través del cual el pueblo italiano encontró la clave de su dramática situación y vibró con ella”.
Estas citas son válidas para adentrase en la primera etapa de la producción verdiana, enmarcada plenamente en una corriente “patriótica”, con óperas escritas por el libretista Temístocle Solera. Luego Verdi, junto a Francesco Maria Piave pasaría a componer títulos donde si bien lo patriótico no desaparece, deja paso al tratamiento de dramas centrados en personajes específicos. En lo temático tales óperas poseen el común denominador de exaltar valores patrios, que en tiempos del Risorgimento Italiano, provocaban el delirio del público, más todavía cuando su música, llena de fáciles y rítmicas melodías, buscavan expresamente ese objetivo.
Queda claro pues, que con la práctica acumulada, tanto Solera como Verdi sabían muy bien como hacer vibrar a los espectadores cuando trataban un tema épico. Tras la experiencia de Nabucco, I Lombardi y en algún punto Ernani, la lección la tenían bien aprendida. Descarto conscientemente a Giovanna D’Arco porque aunque dicen que también hay ardor patriótico, yo no veo mas que una serie de fanfarrias militares. Attila no podía librarse de esta característica. Y mas cuando el tema trataba de situar al imperio romano (itálicos en definitiva) frente a las garras de un invasor extranjero (con clara referencia a los austríacos). Son abundantes los momentos en los que se recurre a esta llamada patriótica. Por lo menos, destacar los siguientes:
1.- El cariño desmesurado por su patria que demuestra Odabella en: “Santo di patria”
2.- Este sentimiento lo comparte con Foresto que en su cabaleta empieza nada menos que con: “Cara patria, già madre e reina”
3.- El propio Ezio hace una alusión que tocó directamente al corazón independentista de los italianos con: “Avrai tu l’universo, resti l’Italia a me (tendrás el universo, déjame a mi Italia)” que fue contestada por los asistentes a la representación, interrumpiendo el dúo con “a noi, a noi”, con salva de aplausos y un principio de insurrección que los soldados austriacos tuvieron que acallar. (Nótese que ésta frase se repite hasta catorce veces en el dúo).
4.- La presencia de la laguna en los decorados, donde los derrotados de Aquileya fundaron Venecia (hecho bien conocido por los venecianos).
5.- El mensaje subliminal del Papa León a Atila para que "se mantenga apartado del territorio de los dioses".
6.- En el Acto II, cuadro 2, cuando se plantea un atentado contra Atila: “Matemos al tirano y volveremos a ser fuertes. La libertad se obtiene por la fuerza”.
Es bastante curioso que ni libretista ni compositor se “dieran cuenta” de que a Atila le otorgaban un carácter “demasiado noble” y que Odabella y Foresto defendieran a Roma “con complots moralmente inaceptables”. Resulta también extraño que Odabella salve a Atila de morir envenenado para después apuñalarlo (cosas de la convención teatral). Lo bueno de esta ópera (operón según algunos por su robusta vocalidad en los personajes principales) es que además podría tener “otras lecturas”:
* Es la única ópera verdiana que tiene a un bajo como titular aunque esto no sea del todo cierto al existir Oberto pero es que no tienen nada que ver uno con otro.
* El argumento fue elegido por la fuerza de las situaciones y los personajes, por la violencia de los sentimientos y por, como no, las alusiones patrióticas. Pero parece que marca un punto de inflexión pues el compositor muestra por primera vez una inquietud por respetar en lo posible la “verdad histórica” (o lo que entonces se entendía por eso) lo que equivale a un afán de autenticidad.
* Abandona su antigua propensión a introducir en sus óperas fragmentos cuyo origen había que buscar en sus tiempos de Busseto, con su gusto por las marchas, los metales y las fanfarrias. Un buen ejemplo del punto anterior es la Sinfonía inicial, muy estimable y una de sus mejores oberturas que comparada con la de la Giovanna está a años luz.
* Por primera vez Verdi intenta un pasaje de música descriptiva: el momento en que amanece sobre la laguna mientras la tempestad cede al salir el sol y el coro de los eremitas reza en absorto fervor. Se cierra con la agitada llegada de los expatriados de Aquileya y la primera aria de Foresto. Introduce en su música el sentimiento de la naturaleza, vinculándola a la situación emotiva representada, consiguiendo un resultado notable.
* El concertante que cierra el segundo acto donde, también por primera vez, en lugar de ser estático, los acontecimientos se suceden con mucha rapidez, consiguiendo casi su deseo de captar situaciones en movimiento
GÉNESIS DE “ATTILA”:
Verdi leyó un ensayo de Madame de Staël (De l’Alemagne), que contenía un resumen del drama de Zacharias Werner, “Attila rey de los hunos”. Fue el conde-consorte Andrea Maffei (futuro libretista de I Masnadieri) quien, cierto día, le propuso a Verdi componer sobre un tema "bárbaro" y el maestro, en recuerdo de esas recientes lecturas que le habían entusiasmado, comenzó a pensar en adaptar el drama de Werner. Primero escogió a Piave pero luego cambió de idea y reservó a este para la ópera que pensaba estrenar en Londres (I Masnadieri), aunque tampoco este libreto fue finalmente escrito por el veneciano. Encargada la transposición en versos a Temistocle Solera, Verdi eligió el Teatro La Fenice de Venecia como lugar idóneo para su primera representación con el título inicial de: “Attila, il re delle mille foreste (el rey de los mil bosques)”. Solera no era muy rápido trabajando y en agosto de 1845, cuando Verdi regresó de Nápoles, le entregó el manuscrito inconcluso sobre el que el compositor no pudo empezar a trabajar hasta principios del otoño en Busseto. Las últimas escenas del libreto no las pudo realizar porque Solera se había ido a Madrid acompañando a su esposa y allí fue preso por deudas. Era el punto y final a su colaboración con él. Verdi decidió entonces encargar a Francesco Maria Piave la finalización del libreto.
La partitura de Attila estaba apenas terminada y la orquestación todavía por escribirse, cuando Verdi llegó a Venecia en noviembre de 1845. Le esperaba su amigo Piave y la ópera había sido programada para la temporada de carnaval. Como casi siempre hacía el compositor, antes de estrenar una nueva ópera, reponía o estrenaba en el lugar, alguna de sus óperas anteriores. En este caso fueron Giovanna D’Arco y Un giorno di regno. La primera tuvo una acogida más bien fría pero el Giorno, que había sido silbada en Milán cinco años atrás, tenía un enorme éxito en el teatro San Benedetto. No obstante la Giovanna -que se estrenó en La Fenice el 26 de diciembre de 1845- contó con la presencia como espectadores del zar de Rusia y la zarina los cuales, en visita por la península itálica y después de haber visto en Milán I due Foscari, no quisieron perderse este evento y retrasaron por algunos días su partida.
Pero Verdi no pudo asistir a estas representaciones pues, con el invierno veneciano, sufrió una de sus más graves crisis, debiendo guardar cama a causa de un resfriado. Tuvo que permanecer en su habitación durante casi un mes y aunque su vida no estuvo realmente en peligro, durante algún tiempo circuló en Venecia el rumor de su muerte. Sólo pudo retomar su actividad en los últimos días de Enero de 1846.
Para comprender la constante evolución musical de Verdi, creo puede ser interesante una pequeña anécdota. Piave, en carta de noviembre de 1845, había escrito al maestro recordándole que en Venecia existía “una excelente banda militar” por si la podía necesitar para su ópera. Esta fue la respuesta del compositor: ”Se que la banda “Kinschi” es una banda excelente, como pude comprobar el año pasado, pero estoy cansado de esas fanfarrias en escena [,,] Esas bandas ya no tienen el prestigio de la novedad. Y por otra parte, también me cansaron las marchas. Ya hice demasiadas: una guerrera en Nabucco, otra solemne y grave en Giovanna d’Arco y ya no podré hacer otras mejores que ésas. ¿Acaso no se puede hacer una ópera grandiosa sin el estrépito de las fanfarrias? ¿Y Guillermo Tell? ¿Y Roberto el Diablo? ¿No son grandiosas? ¡Y, sin embargo, no tienen fanfarrias! Ahora la banda militar es un género provinciano (provincialata) que ya no tiene razón de ser en las grandes ciudades". Es un tema importante porque configura a un Verdi consciente de que en sus óperas todavía quedaban marcas del provincialismo y de una espontaneidad popular que no siempre escapaba a la vulgaridad.
Después de algunas postergaciones de la fecha de estreno debido a los ya citados problemas de salud del compositor y a los arreglos finales del libreto, la premiere de “Attila” se concretó el 17 marzo de 1846 en el Teatro La Fenice de Venecia. El éxito fue enorme y la audiencia veneciana respondió con desbordante entusiasmo ante escenas que inflamaron su patriotismo. Tras la función Verdi proclamado casi como un héroe, fue escoltado hasta su hotel en medio de flores, bandas y antorchas.
Discografía:
Attila es una ópera en tres actos con música de Giuseppe Verdi y libreto de Temistocle Solera, basado en la pieza teatral Attila, König der Hunnen de Zacharias Werner. Fue estrenada el 17 de marzo de 1846 en el Teatro La Fenice de Venecia.
Personajes:
Attila (Attila, rey de los hunos), bajo.
Aecio (Ezio, general romano), barítono.
Odabella (hija del señor de Aquilea, prometida de Foresto), soprano.
Foresto (caballero de Aquilea), tenor.
Uldino (joven bretón esclavo de Attila), tenor.
León (Leone, viejo romano, papa León I), bajo.
La acción tiene lugar en Aquileya y en las lagunas adriáticas (Prólogo) y luego cerca de Roma (actos I al III), a mediados del siglo V.
PRÓLOGO (Escena primera): Entre las ruinas de Aquileia, los hunos y los ostrogodos, aliados suyos, están celebrando la victoria, con proclamas al dios Odin y a su jefe Atila. Contrariamente a sus órdenes, el esclavo Uldino, apoyándose en el afecto que Atila le profesa, se ha permitido salvar a un grupo de mujeres que había luchado contra el invasor. Entre ellas está Odabella, hija del soberano de Aquileia muerto en combate. Cuando Atila pregunta a Odabella qué hace armada allí, ella responde que las mujeres itálicas siempre están dispuestas para defender a su patria. Admirado por su valor, Atila le ofrece obsequiarle lo que ella solicite. Odabella no vacila en pedir una espada, con la oculta intención de matar a Atila en cuando ella pueda. Se van Odabella y las otras mujeres salvadas y Atila recibe al enviado de Roma. Es Ezio, general que en otras ocasiones había derrotado a Atila. En privado, Ezio expone a Atila su lucha por defender el trono gobernado por Valentiano III, un muchacho indolente e inexperto. Ezio propone que sería mejor que Atila se quedara con todo el mundo y dejara en sus manos el dominio de Italia. El bárbaro no acepta, con lo cual Ezio tendrá que continuar defendiendo Italia como enviado del Emperador.
PRÓLOGO (Escena segunda): Embarcadero frente a la laguna adriática (donde más tarde se alzará Venecia). Es la madrugada y una tempestad está disipándose. Un grupo de ermitaños está rezando ante un altar de piedra. Llegan barcas de refugiados de Aquileia dirigidos por Foresto, un valeroso luchador y enamorado amante de Odabella, de quien está preocupado por no saber su paradero. Sale el sol, que todos toman como buen augurio y Foresto, dirigiéndose a los refugiados, los anima a fundar una ciudad en aquel lugar que se alce como un ave fénix.
ACTO I: Escena primera: En el camino que conduce a Roma, no lejos de la ciudad, donde Atila ha montado su campamento previo al asalto. Odabella, que ha viajado con Atila, recuerda a su padre y a Foresto. De pronto aparece éste ante Odabella, pero cuando ella quiere abrazarlo, Foresto la rechaza, increpándola por sonreír al asesino de su padre y convivir con él mientras él, su amado, se juega la vida por encontrarla. Odabella le recuerda la historia bíblica de Judith, quien en similares circunstancias salvó a Israel. Foresto comprende su error y pide perdón, para luego abrazar tiernamente a Odabella.
ACTO I: Escena Segunda: En su tienda, Atila ha tenido una pesadilla: en su avance hacia Roma un anciano le ha impedido el paso con un poder invencible. Para superar el temor que le infunde esta visión, Atila llama a sus huestes y ordena avanzar sobre Roma. Pero se oyen los himnos de doncellas y niños romanos y ante la comitiva aparece el mismo anciano del sueño de Atila. Es el obispo de Roma, que impide el avance de las tropas invasoras con un gesto imperioso. Atila se postra en el suelo frente la figura de Dios, provocando el comentario de todos por el extraño cambio sufrido por el temible bárbaro ante el poder divino
ACTO II: Escena Primera: En el campamento romano, Ezio lee una carta del emperador en la que impone una tregua con los hunos y le ordena regresar a Roma. Ezio se siente molesto por el hecho de que un joven emperador le de órdenes. Llega un grupo de hunos para invitar a Ezio a un banquete con Atila. Éstos se van, pero uno de ellos se queda. Es Foresto, disfrazado, quien no importándole morir luchando por Roma, pide a Ezio que dirija un alzamiento contra Atila.
ACTO II: Escena segunda: Se celebra el banquete en la tienda de Atila. Se anuncia la llegada del enviado romano y Atila lo recibe con honores.
Un grupo de druidas asegura que el dios Odín no quiere que Atila se siente a la mesa con sus enemigos. Atila no hace caso, pero durante la comida hay una tempestad que deja la tienda en penumbras. Foresto ha aprovechado la confusión para echar vino envenenado en la copa destinada a Atila. Esto indigna a Odabella, porque quiere ser ella misma quien mate al tirano. Mientras tanto se han vuelto a encender las antorchas y Atila está a punto de brindar por su dios cuando Odabella detiene el brindis y le advierte el peligro que contiene la bebida.
Furioso, Atila exige saber quien es el responsable. Foresto se adelanta y Atila quiete matarlo, pero Odabella pide que le entreguen a Foresto como esclavo, como premio por haber salvado a Atila. Este accede, pero anuncia otro premio para Odabella: será su esposa y reina. Odabella ordena a Foresto que huya, cosa que éste hace no sin maldecir antes la aparente traición de su amada. Los hunos reunidos exigen a su jefe que prosiga su interrumpido avance contra los romanos.
ACTO III: En un bosque Foresto espera oculto tener noticias de la anunciada boda de Atila con Odabella, a quien sigue considerando una traidora.
Se oyen los cánticos nupciales a distancia y aparece Odabella, disputando con el fantasma de su padre el derecho a casarse con Atila. Foresto se da a conocer y le dice que es demasiado tarde para arrepentirse de ello, pero Odabella le jura que nunca ha dejado de amarlo. Llega Ezio y poco después Atila, quien encontrándolos reunidos los acusa a todos de traidores. Soldados romanos, instruidos por Ezio y Foresto se precipitan sobre Atila para darle muerte, pero Odabella se les adelanta y, tomando la espada que el invasor le había regalado, la empuña y la entierra en el corazón de Atila.
Libreto:Italiano-Español
Partitura: PDF-Vocal Score
ATTILA EN LA HISTORIA
UN RETORNO AL PASADO Y ALGO MÁS:
Para introducir “Attila” y otras óperas tempranas de Verdi, y para comprender su significado en unos momentos cruciales de la historia de Italia, cobran plena validez las palabras de Jacopo Capón: “Verdi comenzó a instigar una acción patriótica con su música. Los extranjeros nunca podrán comprender la influencia que durante un cierto período ejercieron las ardientes melodías que Verdi concebía, cuando situaciones, o incluso versos aislados evocaban la desgraciada condición en que se hallaba el pueblo italiano, sus recuerdos y sus esperanzas. El público veía alusiones por doquier, pero Giuseppe Verdi las visualizaba antes, adaptándolas a su inspirada música, lo que a menudo terminaba provocando una verdadera revolución en los teatros”.
Estos juicios se complementan con los de Luigi Dallapicola, quien al respecto señala: “El fenómeno Verdi es inconcebible sin asociarlo al movimiento del Risorgimento Italiano. No importa que Verdi haya desempeñado en él un papel importante o no. Lo que interesa es que absorbió su atmósfera y su tono, y formuló, tanto en palabras como en música, un estilo a través del cual el pueblo italiano encontró la clave de su dramática situación y vibró con ella”.
Estas citas son válidas para adentrase en la primera etapa de la producción verdiana, enmarcada plenamente en una corriente “patriótica”, con óperas escritas por el libretista Temístocle Solera. Luego Verdi, junto a Francesco Maria Piave pasaría a componer títulos donde si bien lo patriótico no desaparece, deja paso al tratamiento de dramas centrados en personajes específicos. En lo temático tales óperas poseen el común denominador de exaltar valores patrios, que en tiempos del Risorgimento Italiano, provocaban el delirio del público, más todavía cuando su música, llena de fáciles y rítmicas melodías, buscavan expresamente ese objetivo.
Queda claro pues, que con la práctica acumulada, tanto Solera como Verdi sabían muy bien como hacer vibrar a los espectadores cuando trataban un tema épico. Tras la experiencia de Nabucco, I Lombardi y en algún punto Ernani, la lección la tenían bien aprendida. Descarto conscientemente a Giovanna D’Arco porque aunque dicen que también hay ardor patriótico, yo no veo mas que una serie de fanfarrias militares. Attila no podía librarse de esta característica. Y mas cuando el tema trataba de situar al imperio romano (itálicos en definitiva) frente a las garras de un invasor extranjero (con clara referencia a los austríacos). Son abundantes los momentos en los que se recurre a esta llamada patriótica. Por lo menos, destacar los siguientes:
1.- El cariño desmesurado por su patria que demuestra Odabella en: “Santo di patria”
2.- Este sentimiento lo comparte con Foresto que en su cabaleta empieza nada menos que con: “Cara patria, già madre e reina”
3.- El propio Ezio hace una alusión que tocó directamente al corazón independentista de los italianos con: “Avrai tu l’universo, resti l’Italia a me (tendrás el universo, déjame a mi Italia)” que fue contestada por los asistentes a la representación, interrumpiendo el dúo con “a noi, a noi”, con salva de aplausos y un principio de insurrección que los soldados austriacos tuvieron que acallar. (Nótese que ésta frase se repite hasta catorce veces en el dúo).
4.- La presencia de la laguna en los decorados, donde los derrotados de Aquileya fundaron Venecia (hecho bien conocido por los venecianos).
5.- El mensaje subliminal del Papa León a Atila para que "se mantenga apartado del territorio de los dioses".
6.- En el Acto II, cuadro 2, cuando se plantea un atentado contra Atila: “Matemos al tirano y volveremos a ser fuertes. La libertad se obtiene por la fuerza”.
Es bastante curioso que ni libretista ni compositor se “dieran cuenta” de que a Atila le otorgaban un carácter “demasiado noble” y que Odabella y Foresto defendieran a Roma “con complots moralmente inaceptables”. Resulta también extraño que Odabella salve a Atila de morir envenenado para después apuñalarlo (cosas de la convención teatral). Lo bueno de esta ópera (operón según algunos por su robusta vocalidad en los personajes principales) es que además podría tener “otras lecturas”:
* Es la única ópera verdiana que tiene a un bajo como titular aunque esto no sea del todo cierto al existir Oberto pero es que no tienen nada que ver uno con otro.
* El argumento fue elegido por la fuerza de las situaciones y los personajes, por la violencia de los sentimientos y por, como no, las alusiones patrióticas. Pero parece que marca un punto de inflexión pues el compositor muestra por primera vez una inquietud por respetar en lo posible la “verdad histórica” (o lo que entonces se entendía por eso) lo que equivale a un afán de autenticidad.
* Abandona su antigua propensión a introducir en sus óperas fragmentos cuyo origen había que buscar en sus tiempos de Busseto, con su gusto por las marchas, los metales y las fanfarrias. Un buen ejemplo del punto anterior es la Sinfonía inicial, muy estimable y una de sus mejores oberturas que comparada con la de la Giovanna está a años luz.
* Por primera vez Verdi intenta un pasaje de música descriptiva: el momento en que amanece sobre la laguna mientras la tempestad cede al salir el sol y el coro de los eremitas reza en absorto fervor. Se cierra con la agitada llegada de los expatriados de Aquileya y la primera aria de Foresto. Introduce en su música el sentimiento de la naturaleza, vinculándola a la situación emotiva representada, consiguiendo un resultado notable.
* El concertante que cierra el segundo acto donde, también por primera vez, en lugar de ser estático, los acontecimientos se suceden con mucha rapidez, consiguiendo casi su deseo de captar situaciones en movimiento
GÉNESIS DE “ATTILA”:
Verdi leyó un ensayo de Madame de Staël (De l’Alemagne), que contenía un resumen del drama de Zacharias Werner, “Attila rey de los hunos”. Fue el conde-consorte Andrea Maffei (futuro libretista de I Masnadieri) quien, cierto día, le propuso a Verdi componer sobre un tema "bárbaro" y el maestro, en recuerdo de esas recientes lecturas que le habían entusiasmado, comenzó a pensar en adaptar el drama de Werner. Primero escogió a Piave pero luego cambió de idea y reservó a este para la ópera que pensaba estrenar en Londres (I Masnadieri), aunque tampoco este libreto fue finalmente escrito por el veneciano. Encargada la transposición en versos a Temistocle Solera, Verdi eligió el Teatro La Fenice de Venecia como lugar idóneo para su primera representación con el título inicial de: “Attila, il re delle mille foreste (el rey de los mil bosques)”. Solera no era muy rápido trabajando y en agosto de 1845, cuando Verdi regresó de Nápoles, le entregó el manuscrito inconcluso sobre el que el compositor no pudo empezar a trabajar hasta principios del otoño en Busseto. Las últimas escenas del libreto no las pudo realizar porque Solera se había ido a Madrid acompañando a su esposa y allí fue preso por deudas. Era el punto y final a su colaboración con él. Verdi decidió entonces encargar a Francesco Maria Piave la finalización del libreto.
La partitura de Attila estaba apenas terminada y la orquestación todavía por escribirse, cuando Verdi llegó a Venecia en noviembre de 1845. Le esperaba su amigo Piave y la ópera había sido programada para la temporada de carnaval. Como casi siempre hacía el compositor, antes de estrenar una nueva ópera, reponía o estrenaba en el lugar, alguna de sus óperas anteriores. En este caso fueron Giovanna D’Arco y Un giorno di regno. La primera tuvo una acogida más bien fría pero el Giorno, que había sido silbada en Milán cinco años atrás, tenía un enorme éxito en el teatro San Benedetto. No obstante la Giovanna -que se estrenó en La Fenice el 26 de diciembre de 1845- contó con la presencia como espectadores del zar de Rusia y la zarina los cuales, en visita por la península itálica y después de haber visto en Milán I due Foscari, no quisieron perderse este evento y retrasaron por algunos días su partida.
Pero Verdi no pudo asistir a estas representaciones pues, con el invierno veneciano, sufrió una de sus más graves crisis, debiendo guardar cama a causa de un resfriado. Tuvo que permanecer en su habitación durante casi un mes y aunque su vida no estuvo realmente en peligro, durante algún tiempo circuló en Venecia el rumor de su muerte. Sólo pudo retomar su actividad en los últimos días de Enero de 1846.
Para comprender la constante evolución musical de Verdi, creo puede ser interesante una pequeña anécdota. Piave, en carta de noviembre de 1845, había escrito al maestro recordándole que en Venecia existía “una excelente banda militar” por si la podía necesitar para su ópera. Esta fue la respuesta del compositor: ”Se que la banda “Kinschi” es una banda excelente, como pude comprobar el año pasado, pero estoy cansado de esas fanfarrias en escena [,,] Esas bandas ya no tienen el prestigio de la novedad. Y por otra parte, también me cansaron las marchas. Ya hice demasiadas: una guerrera en Nabucco, otra solemne y grave en Giovanna d’Arco y ya no podré hacer otras mejores que ésas. ¿Acaso no se puede hacer una ópera grandiosa sin el estrépito de las fanfarrias? ¿Y Guillermo Tell? ¿Y Roberto el Diablo? ¿No son grandiosas? ¡Y, sin embargo, no tienen fanfarrias! Ahora la banda militar es un género provinciano (provincialata) que ya no tiene razón de ser en las grandes ciudades". Es un tema importante porque configura a un Verdi consciente de que en sus óperas todavía quedaban marcas del provincialismo y de una espontaneidad popular que no siempre escapaba a la vulgaridad.
Después de algunas postergaciones de la fecha de estreno debido a los ya citados problemas de salud del compositor y a los arreglos finales del libreto, la premiere de “Attila” se concretó el 17 marzo de 1846 en el Teatro La Fenice de Venecia. El éxito fue enorme y la audiencia veneciana respondió con desbordante entusiasmo ante escenas que inflamaron su patriotismo. Tras la función Verdi proclamado casi como un héroe, fue escoltado hasta su hotel en medio de flores, bandas y antorchas.
Discografía:
Director: Cantantes: Coro: Orquesta: Casa: CD: Año: | Lamberto Gardelli Ruggero Raimondi, Cristina Deutekom, Sherrill Milnes, Carlo Bergonzi, Jules Bastin. Ambrosian Singers Royal Philharmonic PHILIPS (4128752) 2 (ADD) 1973 |
Director: Cantantes: Coro: Orquesta: Casa: CD: Año: | Lamberto Gardelli Evgeny Nesterenko, Sylvia Sass, Lajos Miller, Janos Nagy, Kolos Kovats. Radio y Televisión Húngara Estatal de Hungría HUNGAROTON (12934-35) 2 (DDD) 1987 |
Director: Cantantes: Coro: Orquesta: Casa: CD: Año: | Riccardo Muti Samuel Ramey, Cheryl Studer, Giorgio Zancanaro, Neil Shicoff, Giorgio Surjan. Teatro Alla Scala de Milán Teatro Alla Scala de Milán EMI (7-49952-2) 2 (DDD) 1989 |
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